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Archive for giugno 2011

Roberto Menicali, 58 anni. La sua auto avrebbe varcato i confini di Slovenia, Croazia e Bosnia. Ma alla guida non ci sarebbe stato lui (bora.la)

È scomparso da dieci giorni. E ogni ora che passa le ipotesi sulla sua sparizione diventano più ingarbugliate. Di Roberto Menicali, 58 anni, promotore finanziario residente a Trieste, si sono perse le tracce tra Slovenia, Croazia e Bosnia.

Tutto inizia la mattina di domenica 19 giugno. Menicali va alla stazione di Trieste per incontrare due croati che – stando a quanto raccontato dalla moglie – volevano comprare la sua auto. Intorno alle 11.45 è al distributore di Sesana, in Slovenia, dove le telecamere della pompa di benzina lo riprendono mentre va a pagare il pieno. A bordo restano i due “acquirenti”, uno seduto accanto al guidatore, l’altro dietro. Quello che succede dopo è un mistero. Il cellulare dell’uomo, spento dalla tarda mattinata in poi, si accende per pochi secondi a Nuova Gorizia (vicino al confine italiano) e più tardi a Novo Mesto (vicino a quello croato). In entrambe le località qualcuno tenta di prelevare denaro con la sua tessera bancomat, senza riuscirci.

Giuseppe Padulano, questore di Trieste: "Stiamo valutando la situazione finanziaria dell'uomo" (sanremonews.it)

Questi sono i fatti. Il resto sono congetture. L’ultima vagliata dalla Polizia di Trieste è che Menicali se ne sia andato in aereo da Lubiana. La Squadra mobile sta verificando le liste d’imbarco dei voli decollati tra le 16 e la sera di domenica. Ma perché questa fuga? “Stiamo valutando la sua situazione finanziaria – spiega il questore di Trieste Giuseppe Padulano – e in particolare i debiti che avrebbe accumulato. Non possiamo escludere che potrebbe aver inscenato l’intera vicenda, anche se per ora non abbiamo riscontri concreti”.

Il 58enne lavora per Sanpaolo Invest, società del gruppo Intesa Sanpaolo che offre servizi e prodotti finanziari. Qualche anno fa era direttore della filiale triestina del Credito Bergamasco, in via san Nicolò. Ora Sanpaolo sta contattando tutti i clienti del promotore, per cercare indizi che aiutino a ritrovarlo. “Consideriamo il caso come una scomparsa – spiega il capo della Mobile Mario Bo. – Non abbiamo elementi per credere che si tratti di un sequestro”. Il 23 giugno Menicali avrebbe dovuto essere sentito dai carabinieri di Gradisca d’Isonzo (Gorizia) come testimone in merito a un fascicolo della Procura di Roma per circonvenzione di incapace, su una truffa di oltre un milione di euro. Ma finora non ci sono elementi sufficienti per collegare la sparizione all’inchiesta.

Fonti: ilgiornale.it, bora.la, ilgazzettino.it, ilpiccolo.gelocal.it

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La Nazionale di calcio jugoslava vincitrice dei Mondiali under 20 del 1987. Il primo in piedi a sinistra è Zvonimir Boban (radioeuropaunita.wordpress.com)

Svezia, giugno 1992. Si disputa una delle competizioni calcistiche più sorprendenti di sempre. La Danimarca di Peter Schmeichel e Brian Laudrup si laurea campione d’Europa, facendo fuori – nell’ordine – Inghilterra, Francia, Olanda e Germania. Ma il particolare più incredibile, e spesso dimenticato, è un altro. I biancorossi non avrebbero dovuto partecipare alla manifestazione. Furono ripescati all’ultimo minuto, in sostituzione di un’altra squadra: la Jugoslavia.

La selezione balcanica, che si era qualificata a pieno titolo, venne esclusa per la guerra in corso. Una decisione che decretò la fine di una delle Nazionali storiche del calcio mondiale. Quarta ai Mondiali del 1930 e 1962, seconda agli Europei del 1960 e 1968, a Italia ’90 era stata fermata ai quarti di finale dall’Argentina. In quella formazione c’erano campioni come Boksic, Prosinecki, Savicevic, Stojkovic, Suker. Alcuni di loro si sarebbero ritrovati avversari otto anni dopo, ai Mondiali di Francia, con le maglie di Croazia e Serbia.

Da allora il calcio balcanico ha vissuto alterne fortune. Il picco è rappresentato dal terzo posto croato ai Mondiali conquistato proprio nel 1998. La selezione biancorossa può vantare anche di essere arrivata due volte ai quarti di finale degli Europei: nel 1996, in Inghilterra, e nel 2008, in Austria e Svizzera. Allo stesso punto si è fermata nel 2000 (Europei in Belgio e Olanda) la Serbia, mai più avanti degli ottavi di finale di un Mondiale (raggiunti nel ’98). Ancora più modesti i risultati della Slovenia (bloccata al primo turno a Euro 2000 e ai Mondiali 2002 e 2010), per non parlare di quelli di Bosnia, Macedonia e Montenegro (unito alla Nazionale serba fino al 2007), mai qualificate a nessuna delle due competizioni.

Nemanja Vidic, capitano del Manchester United e pilastro della Nazionale serba (mjpurpleaces.blogspot.com)

Poca gloria, quindi, per squadre giovani e ancora “immature”. Eppure il talento ci sarebbe. Se proviamo a mettere insieme i migliori elementi delle sei selezioni nate dalla disgregazione balcanica (Slovenia, Croazia, Serbia, Bosnia, Macedonia e Montenegro), il risultato è eccellente. In porta possiamo affidarci a Samir Handanovic, estremo difensore sloveno dell’Udinese. Davanti a lui un invidiabile terzetto serbo: Nemanja Vidic, capitano del Manchester United, Branislav Ivanovic, pilastro del Chelsea, e Neven Subotic, campione di Germania col Borussia Dortmund.

A centrocampo spazio al 21enne bosniaco Miralem Pjanic, già più di 100 partite col Lione, e al 26enne croato Luka Modric, inamovibile del Tottenham. Al loro fianco altri tre serbi: Dejan Stankovic, 209 presenze e 29 gol nell’Inter, Milos Krasic, nota lieta nella disastrosa Juventus recente, e Zdravko Kuzmanovic, rinato allo Stoccarda dopo l’esperienza altalenante di Firenze. Devastante la coppia d’attacco: il bosniaco Edin Dzeko, da gennaio al Manchester City, e il montenegrino Mirko Vucinic, fuoriclasse della Roma.

Tra i “rincalzi”, tra chi resterebbe escluso solo per ragioni di spazio, ci sono giocatori del calibro di Aleksandar Lukovic, difensore serbo dello Zenit San Pietroburgo, Josip Ilicic, centrocampista sloveno del Palermo, e Goran Pandev, attaccante macedone dell’Inter. Una squadra così potrebbe tranquillamente puntare alle prime posizioni di qualsiasi competizione. Ma una squadra così non può esistere, perché la Storia con la esse maiuscola – quella vera, ben più ampia di un campo di calcio – ha separato i Paesi che componevano la Jugoslavia. E le loro (finora) poco fortunate Nazionali di calcio.

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La centrale nucleare di Krsko produrrebbe oltre un quarto dell'energia slovena e un quinto di quella croata (bora.la)

L’Italia dice no al nucleare. E la Slovenia? Il Paese balcanico possiede una centrale a Krsko, a 130 km da Trieste. Una centrale il cui livello di sicurezza fa discutere da anni, e che in futuro potrebbe venir potenziata. “Non abbandoneremo i nostri piani nucleari a causa di Fukushima”, ha detto il 10 giugno il ministro dell’Economia Darja Radic, che ha spiegato come il governo abbia preparato cinque progetti diversi per il sostentamento energetico della Slovenia da qui al 2030: “Tutti e cinque includono l’opzione nucleare – ha sottolineato. – E due di questi prevedono la costruzione di un secondo reattore a Krsko”.

La centrale di Krsko è stata costruita congiuntamente da Slovenia e Croazia, che tuttora ne sono proprietarie in condivisione. Attivata il 15 gennaio 1983, ha fatto parlare di sé all’estero per una serie di incidenti (o presunti tali) che hanno preoccupato l’opinione pubblica europea. Tra i più recenti, nel 2005 il reattore è stato arrestato per problemi al sistema di contenimento di una ventola per il trattamento dei vapori, nel 2007 la centrale è stata isolata e chiusa per un mese senza che ne sia stata comunicata la ragione, nel 2008 si è verificata una fuga di acqua di raffreddamento del reattore.

“L’incidente alla centrale slovena di Krsko indica che gli impianti nucleari possono ovviamente registrare malfunzionamenti come ogni impianto costruito dall’uomo – commentò nel 2008 Claudio Scajola, allora ministro per lo Sviluppo economico. – Tali impianti però hanno al proprio interno sistemi di sicurezza che consentono di far fronte agli incidenti in modo immediato, contenendo le possibili conseguenze all’interno dello stesso impianto e minimizzando quindi ogni eventuale perdita di sostanze radioattive”.

Oggi è in discussione la possibile espansione dell’impianto con un secondo reattore da 1000 MW di potenza, di proprietà interamente slovena. Un’operazione che potrebbe coinvolgere l’Italia, e più precisamente la Regione Friuli Venezia Giulia: “Siamo pronti a partecipare per il raddoppio e con interventi nostri che possano mettere ulteriormente in sicurezza la centrale”, ha spiegato il 10 giugno il presidente Renzo Tondo, che subito dopo Fukushima aveva detto: “Credo che si rafforzi la nostra volontà di arrivare a una presenza italiana a sostenere l’ammodernamento e la messa in sicurezza di Krsko”. I sostenitori dell’atomo non indietreggiano davanti a una catastrofe nucleare. Figuriamoci davanti a un semplice referendum.

Fonti: triesteoggi.tv, AGI, AFP, greenreport.it

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Il Papa al suo arrivo a Zagabria. Il primo alla sua destra è il presidente croato Ivo Josipovic (magisterobenedettoxvi.blospot.com)

“Mostrate con la vostra testimonianza di vita che è possibile amare, come Cristo, senza riserve!”. È uno dei passaggi dell’omelia tenuta da Benedetto XVI nel grande Ippodromo di Zagabria, davanti a centinaia di migliaia di fedeli. Il Papa è stato in visita in Croazia nel weekend del 4 e 5 giugno: ha parlato molto di famiglia (domenica era la Giornata nazionale delle famiglie cattoliche croate), ma anche di Unione europea. In un momento cruciale per il Paese balcanico.

“Non cedete a quella mentalità secolarizzata che propone la convivenza come preparatoria o addirittura sostitutiva del matrimonio – ha detto il Pontefice. – Non bisogna aver timore di impegnarsi per un’altra persona. Care famiglie, gioite per la paternità e la maternità!” Il rischio, ha continuato papa Ratzinger, è che si riduca l’amore “a emozione sentimentale e a soddisfazione di pulsioni istintive, senza impegnarsi a costruire legami duraturi e senza apertura alla vita. Siamo chiamati a contrastare questa mentalità”. Immancabile il richiamo alla politica: servono “provvedimenti legislativi che sostengano le famiglie nel compito di generare ed educare i figli”, ha ricordato Benedetto XVI.

Durante la guerra, nel settembre 1994, papà Wojtyla celebrò una messa all'Ippodromo di Zagabria davanti a un milione di persone (balcanicaucaso.org)

Se queste parole non spostano di un centimetro le posizioni (rigidamente conservatrici) della Chiesa sulla famiglia, più interessanti sono le considerazioni sull’avvicinamento tra Zagabria e Bruxelles. Riflessioni non contenute nell’omelia, ma che dicono molto del significato della visita del Pontefice oltrefrontiera. “Alla vigilia della piena integrazione della Croazia nell’Unione Europea – ha spiegato il Papa – la storia passata e recente di questo Paese può costituire un motivo di riflessione per tutti gli altri popoli del Continente aiutando ciascuno di essi, e l’intera compagine, a conservare e a ravvivare l’inestimabile patrimonio comune di valori umani e cristiani”. L’ingresso in Europa, insomma, è “logico, giusto e necessario”, anche se restano criticabili “il forte centralismo burocratico e l’astratta cultura razionalista” delle istituzioni europee. Tradotto: è positivo che la Croazia entri nella Ue, ma a patto che quest’ultima sia sempre di più portatrice di valori cristiani, che sono le vere fondamenta – nell’ottica della Chiesa – dell’Europa stessa.

Ma a che punto è la procedura di adesione di Zagabria? Fonti diplomatiche sostengono che i negoziati potrebbero concludersi addirittura entro questa settimana: ottenuto l’ok della Commissione europea, la palla passerebbe al Consiglio europeo, ovvero ai 27 capi di Stato o di governo dei Paesi membri, che si riuniranno il 23 e il 24 giugno. Se anche da loro arrivasse la “luce verde”, la Croazia potrebbe entrare ufficialmente nell’Unione nel luglio 2013. Naturalmente non è detto che le cose vadano così: dei 35 capitoli negoziali affrontati da Zagabria e dai Commissari europei, ne restano aperti quattro, riguardanti “sistema giudiziario e diritti fondamentali”, “concorrenza”, “disposizioni finanziarie e di budget” e generiche “altre questioni”. Avere il via libera su questi temi significherebbe dire che il Paese ha già un ordinamento allineato ai principi fondamentali della Ue: ma anche se le cose dovessero dilungarsi, la strada verso Bruxelles sembra comunque spianata.

L’Europa in cui entrerà la Croazia sarà “più cristiana” di quella attuale? Difficile dirlo. Riferendosi ai Paesi con cui si è scontrata durante la guerra degli anni ‘90, il presidente Ivo Josipovic ha detto: “Basandosi sulle sue radici cristiane, la Croazia moderna vuole essere generosa nel perdonare i suoi vicini”. Su questo concetto di cristianità, almeno a parole, tutti sono d’accordo. Di fatto, Bruxelles e Zagabria sembrano più vicine di quanto lo siano oggi Bruxelles e Roma.

Fonti: ilsole24ore.it, TMNews, Adnkronos

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