Un 2013 in timida ripresa. Ma con possibili “sconvolgimenti sociali” dovuti a disoccupazione e austerità. Sono le previsioni della Banca mondiale su sei Paesi balcanici: Albania, Bosnia, Kosovo, Macedonia, Montenegro e Serbia. Per quasi tutti quello che sta finendo è stato un anno difficile, con il picco peggiore a Belgrado e l’unica eccezione a Pristina. Le proteste sociali si fanno già sentire, anche in altri Stati dell’area: basti pensare alle manifestazioni delle ultime settimane in Slovenia, contro i tagli e la classe politica che ne è responsabile.
Quest’anno il Pil serbo è calato del 2%. Intorno allo zero Albania, Bosnia e Montenegro, mentre il Kosovo è cresciuto del 3%. Pristina dovrebbe mantenere questo ritmo anche nel 2013, seguita da Belgrado (+2%), Tirana (+1,6%) e da Skopje, Podgorica e Sarajevo, comprese tra l’1 e lo 0,5%. A accomunare tutti c’è l’alto tasso di disoccupazione: dal 15% albanese al 45% kosovaro, ben sopra la media dell’Unione europea, a cui finora non appartiene nessuno dei Paesi citati. La crescita economica prevista per l’anno prossimo non basta a far sorridere la Banca mondiale, che definisce i Balcani occidentali come la regione europea che forse ha subìto lo choc maggiore per la crisi globale. Austerità e recessione rischiano di impantanare l’area in un circolo vizioso, proprio come sembra esser successo alla Grecia, pochi chilometri più a sud.
Il timore di conflitti sociali nasce da qui, dalla consapevolezza delle difficoltà di nazioni spesso ancora segnate dai conflitti degli anni ’90, in cui alle sofferenze di tipo economico in molti casi si somma il nazionalismo, che è ancora vivo e potrebbe infiammarsi. Tra le cause delle guerre jugoslave c’è molto probabilmente anche la crisi degli anni ’80, quando l’inflazione arrivò a toccare punte spaventose. Questo non significa che nei Balcani stia per scoppiare un’altra guerra: significa che bisogna stare attenti, per evitare che si ricreino condizioni simili a quelle di quegli anni.
FONTI: Il Piccolo, TMNews, Eurostat
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