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Archive for febbraio 2013

Per la prima volta nella storia slovena il capo del governo potrebbe essere una donna: Alenka Bratusek (srb.time.mk)

Per la prima volta il primo ministro sloveno potrebbe essere una donna: Alenka Bratusek (srb.time.mk)

La battaglia è finita. Janez Jansa, primo ministro sloveno, è stato sfiduciato dal parlamento. Ha resistito per settimane, respingendo le richieste di dimissioni che arrivavano in particolare dalle piazze, piene di manifestanti da mesi. Protestano contro l’austerità, la corruzione, la cattiva politica, la crisi: quella crisi che ha avuto un peso determinante nell’affossare il conservatore Jansa, e che lui stesso lascia in eredità a chi prende il suo posto.

Per la prima volta nella storia del Paese il capo del governo incaricato è una donna. Alenka Bratusek, leader del partito di centrosinistra Slovenia Positiva, deve riuscire a formare un esecutivo entro due settimane, altrimenti si andrà al voto. Se riuscirà a evitare le elezioni, il nuovo primo ministro si troverà ad affrontare difficoltà economiche pesanti: disoccupazione al 12% (come l’Italia) e banche sull’orlo del collasso, tanto che il governo ha dovuto varare un piano di emergenza che prevede una ricapitalizzazione da 4 miliardi.

Lo schema con cui gli istituti di credito sono rimasti al verde non è nuovo: negli anni in cui l’economia girava hanno prestato somme importanti ai settori immobiliare ed edile, che – colpiti dalla crisi – non sono riusciti a restituire tutto. Se il salvataggio del sistema bancario (pagato coi soldi dei cittadini) dovesse fallire, il rischio è che Lubiana debba chiedere aiuti internazionali: e se gli sloveni sono stufi delle misure di austerità già approvate dal loro governo, figuriamoci come accoglierebbero i nuovi provvedimenti che Bruxelles potrebbe pretendere.

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Gli interisti serbi Dejan Stankovic e Zdravko Kuzmanovic (Eurosport)

Dejan Stankovic e Zdravko Kuzmanovic: entrambi centrocampisti, interisti, serbi (Eurosport)

Un campionato serbo. Si potrebbe definire così – in ottica ex-jugoslava – la serie A di quest’anno. Chiuso il mercato invernale tre settimane fa, da qui a fine stagione potremo vedere sui nostri campi 35 giocatori provenienti dai Paesi che componevano la Repubblica Socialista di Tito. Il primato spetta appunto alla Serbia: 13 calciatori, oltre un terzo del totale. Seguono Slovenia (9), Croazia (5), Montenegro (4), Bosnia (3) e Macedonia (1).

La squadra più ex-jugoslava, manco a dirlo, è l’esterofila Inter. Due sloveni (i portieri Handanovic e Belec), un croato (il neo-acquisto Kovacic) e due serbi (Stankovic e Kuzmanovic). Secondo posto per la Fiorentina, con due montenegrini (Jovetic e Savic) e due serbi (Tomovic e Ljajic). Terza piazza a pari merito per Atalanta e Torino: la prima con due croati (Livaja e Budan) e un serbo (Radovanovic), il secondo con uno sloveno (Birsa), un serbo (Stevanovic) e un montenegrino (Bakic).

Con i calciatori serbi che giocano in Italia si potrebbe formare una vera e propria squadra, ricca a centrocampo e un po’ rattoppata in difesa e attacco. In porta Brkic (Udinese); dietro Basta (Udinese), Tomovic (Fiorentina) e Cosic (Pescara); in mezzo Stevanovic (Torino), Kuzmanovic e Stankovic (Inter), Radovanovic (Atalanta) e Krsticic (Sampdoria); davanti Ljajic (Fiorentina) e Jankovic (Genoa). Non proprio un undici da scudetto, ma nemmeno da retrocessione. Le stelle ex-jugoslave nel nostro Paese, comunque, sono distribuite abbastanza equamente tra i vari Stati: detto di Handanovic e Stankovic, ricordiamo Pjanic (Bosnia/Roma), Pandev (Macedonia/Napoli) e i montenegrini Jovetic (Fiorentina) e Vucinic (Juventus). Sei giocatori che frequentano la parte alta della classifica. E che potrebbero essere decisivi per gli obiettivi delle loro squadre.

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a Nova Liublijanska Banka (stefanogiantin.net)

La Nova Liublijanska Banka (stefanogiantin.net)

La Slovenia potrebbe rimandare l’ingresso della Croazia nell’Unione europea. Zagabria dovrebbe entrare il 1° luglio, ma perché possa farlo serve la ratifica dei 27 Paesi membri, e il sì di Lubiana non è ancora arrivato. A metterlo in dubbio sono la crisi politica slovena e un contenzioso finanziario tra i due Stati.

Il governo di Lubiana vacilla da diverse settimane, colpito dalla congiuntura economica e dalle proteste di piazza contro austerità e politica corrotta. Anche pochi giorni fa decine di migliaia di persone hanno manifestato nella capitale. In parlamento la maggioranza non c’è più, ma per far cadere il governo serve un voto di sfiducia, che può essere chiesto solo dallo stesso esecutivo. A guidare il Paese potrebbero arrivare i tecnici, oppure si potrebbe tornare alle urne: in quest’ultimo caso rischiano di venir meno i tempi necessari perché il parlamento ratifichi il trattato di adesione della Croazia.

Il problema più grosso, però, si chiama Liublijanska Banka. Dopo la dissoluzione dell’ex Jugoslavia l’istituto sloveno non ha restituito ai cittadini degli altri Stati i soldi che avevano depositato nelle sue casse: circa 270 milioni di euro. Il governo di Zagabria appoggia le banche croate che hanno avviato azioni giudiziarie per avere indietro il denaro, e Lubiana vuole che questo sostegno venga ritirato. A Sarajevo una vicenda simile ha portato alla Slovenia una condanna della Corte per i diritti dell’uomo di Strasburgo: dovrà restituire 90 milioni agli ex correntisti bosniaci. Da tempo si dà per scontato che la Croazia sarà il 28° Paese dell’Unione. A Zagabria ora si fanno gli scongiuri.

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Il presidente kosovaro Jahjaga e quello serbo Nikolic (kosovapress.com)

Il presidente kosovaro Atifete Jahjaga e quello serbo Tomislav Nikolic (kosovapress.com)

Il dialogo tra Belgrado e Pristina sembra accelerare. E i serbi che vivono nel nord del Kosovo temono che la (ex) provincia ribelle stia iniziando a vincere la battaglia per l’indipendenza. Oggi a Bruxelles si incontrano i presidenti dei due Stati, anche se uno dei due non riconosce l’altro come tale. A gennaio è stato trovato un accordo sulla gestione dei punti di confine, che fa confluire le entrate doganali in un fondo speciale voluto dall’Unione europea. L’adesione della Serbia alla Ue dipende anche dalla soluzione dei contrasti con il Kosovo, e l’impressione è che Belgrado si sia decisa a risolverli.

Tomislav Nikolic e Atifete Jahjaga, capi di Stato rispettivamente da poco meno di uno e due anni, si vedono a Bruxelles con la mediazione del “ministro degli Esteri” europeo, Catherine Ashton. In campagna elettorale Nikolic era andato a Mitrovica (Kosovo nord) per promettere di cancellare i negoziati con Pristina portati avanti prima della sua vittoria: è proprio sotto la sua presidenza, però, che il dialogo sembra aver ritrovato slancio. Il governo incaricato da Nikolic nel giugno 2012 pare avere come primo obiettivo la stabilità socio-economica, e sa che per poterla raggiungere deve entrare nell’Unione. Per questo tiene una linea morbida sul Kosovo, nonostante i sondaggi dicano che i cittadini appoggiano il “no” alla sua indipendenza più dell’ingresso nella Ue.

Mentre a Bruxelles Belgrado e Pristina si accordavano sulla gestione della frontiera (che per i serbi è solo una “linea di divisione amministrativa”), nel sud della Serbia la polizia rimuoveva un monumento a 27 guerriglieri albanesi uccisi dalle forze governative una decina di anni fa. A questa azione è seguita una serie di attacchi ai cimiteri serbi in Kosovo, attacchi che rafforzano i timori di quei cittadini che si sentono abbandonati da Belgrado. La stessa rimozione del monumento, celebrata con enfasi dal primo ministro Dacic, potrebbe servire a bilanciare le concessioni che il suo governo sta facendo a Pristina. In campagna elettorale il più europeista non era Nikolic, ma il suo predecessore Tadic. Eppure potrebbe essere il primo a sacrificare il Kosovo sull’altare di Bruxelles.

FONTI: Osservatorio Balcani e Caucaso, atlasweb.it, polisblog.it

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