
Dubrovnik è culla di bellezza, ma anche di civiltà: la sua repubblica marinara fu il primo stato europeo ad abolire la schiavitù nel 1416 (justdubrovnik.com)
Il primo referendum della storia croata si tenne nel ’91: riguardava l’indipendenza dalla Jugoslavia. Il secondo nel 2012: in gioco l’adesione all’Unione europea. Il terzo c’è stato domenica, e aveva per materia… un campo da golf. La questione però è più importante di quanto possa sembrare: la struttura dovrebbe nascere sull’altopiano che sovrasta Dubrovnik, meravigliosa città costiera nel sud del Paese. E potrebbe deturpare un’area ritenuta patrimonio dell’umanità dall’Unesco.
La prima notizia è che il campo si farà. La consultazione promossa dagli ambientalisti è fallita: ha votato solo il 31% di chi ne aveva diritto, e il quorum necessario era del 50%. Il progetto vale poco più di un miliardo, e comprende ville, hotel, ristoranti, club di equitazione: in tutto una zona di 300 ettari. Gli investitori (il principale è un gruppo israeliano) assicurano che porteranno alla città mille posti di lavoro e ricchi turisti appassionati di golf.
Quello di due giorni fa è stato il primo referendum che si è tenuto su richiesta dei cittadini. Paradossalmente quelli di Bosanka, villaggio di trenta case che si trova sulla collina in questione, sono a favore dell’edificazione: il terreno è di proprietà privata e gli imprenditori hanno già pagato a chi lo possiede un anticipo di circa 100mila euro. Perfino in questa vicenda si inserisce la frase ricorrente “ce lo chiede l’Europa”: i sostenitori del progetto dicono che bloccarlo avrebbe mandato un messaggio negativo agli investitori stranieri, a pochi mesi dall’ingresso della Croazia nella Ue.
Certo in passato Dubrovnik è stata colpita in modo molto più tragico, e nemmeno lontanamente paragonabile a ciò che potrebbe succederle ora. Nel ‘600 un terremoto la rase quasi al suolo; a inizio anni ’90 fu bombardata. È risorta entrambe le volte, in tutta la sua bellezza. Che ora è minacciata da un “semplice” complesso sportivo.
FONTI: Ansa, La Repubblica, LaPresse