
Hannes Swoboda, Enrico Letta e Zoran Milanovic (foto Party of European Socialists, http://bit.ly/InnB8Z)
Se fossimo in Italia, diremmo di non fidarci troppo. Ma se i sondaggi croati sono un po’ più attendibili dei nostri, allora il risultato del referendum di domenica è scontato. I cittadini saranno chiamati al voto sui matrimoni gay: secondo l’ultima rilevazione quasi il 70% sarebbe contrario.
I promotori della consultazione vogliono che la Costituzione tuteli esplicitamente le unioni “tra uomo e donna”, espressione al momento assente. Un intervento preventivo per evitare che in futuro alle coppie omosessuali possa essere concesso di sposarsi. Contro questa possibilità spingono la potente Chiesa nazionale, i vertici delle comunità religiose minoritarie (ortodossi serbi e musulmani bosniaci) e i partiti di centrodestra, opposizione in parlamento.
Di parere contrario il centrosinistra e il governo di Zoran Milanovic, in carica da quasi due anni. D’accordo con loro – secondo il sondaggio più recente – sarebbe il 27% della popolazione. Gli indecisi, che in Italia la fanno spesso da padrone, in questo caso sono relegati a un misero 5%. La maggioranza parlamentare, almeno su questo tema, pare netta minoranza tra i cittadini: una situazione ricorrente in Croazia, ricorda Osservatorio Balcani.
Il referendum in programma tra pochi giorni è il primo mai organizzato su richiesta popolare nel Paese. A Zagabria, da luglio nell’Unione europea, guarda con attenzione con Bruxelles. Hannes Swoboda – presidente dei socialisti e democratici comunitari – ha chiesto ai croati di scegliere “progresso e uguaglianza”, senza cedere a “politiche arretrate” e discriminatorie. Un invito che sembra destinato a cadere nel vuoto.