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Archive for dicembre 2013

Grande come l'Abruzzo, il Kosovo ha poco meno di 2 milioni di abitanti (foto MichelleWalz, http://bit.ly/1cQnChe)

Grande come l’Abruzzo, nel 2011 il Kosovo aveva circa un milione e 800mila abitanti (foto MichelleWalz, http://bit.ly/1cQnChe)

Tra passato e futuro. Il Kosovo deve fare i conti con una possibile nuova fossa comune, probabilmente legata agli orrori degli anni ’90. Questo mentre Pristina vede rasserenarsi le relazioni con Belgrado, e la (ex) provincia ribelle viene riconosciuta come indipendente da un fronte sempre più vasto.

La fossa è stata scoperta a Raska, in Serbia, vicino al confine kosovaro. Conterrebbe resti di vittime di etnia albanese del conflitto del 1998-99. Se non ci saranno sorprese, si tratta della sesta fossa portata alla luce dal 2000. La maggiore fu trovata un anno dopo vicino Belgrado: c’erano 800 corpi. Oggi i dispersi della guerra sono ancora oltre 1.700.

Le tragedie di quindici anni fa influenzano il presente dell’area, che però da qualche mese pare un po’ meno cupo. Questo grazie alla Serbia, che ha ammorbidito le sue posizioni, e ha concesso al Kosovo più autonomia. Belgrado però non riconosce ancora – e forse non lo farà mai – l’indipendenza di Pristina, accettata da 106 dei 193 Paesi Onu (e 23 dei 28 Stati dell’Unione europea).

Una piccola, ma importante legittimazione si è aggiunta nei giorni scorsi. Facebook ha deciso di permettere agli utenti di indicare il Kosovo come Paese d’appartenenza. 240mila persone lo hanno già fatto. Quando non potevano, magari sceglievano l’Albania. Quanto pesa il cambiamento? Magari meno del no di Russia e Cina, che difendono la linea serba. Ma l’azienda di Zuckerberg è comunque un colosso. E in qualche modo un’istituzione.

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Il presidente serbo Nikolic e il capo della diplomazia europea Ashton (foto European External Action Service, http://bit.ly/18HnU5u)

Il presidente serbo Nikolic e il capo della diplomazia europea Ashton (foto European External Action Service, http://bit.ly/18HnU5u)

Sette anni fa si sono divisi. Ora tornano ad avvicinarsi. Serbia e Montenegro sono stati uniti a lungo, prima che il secondo lasciasse la prima con un referendum. A questo strappo si è aggiunto quello del 2009, quando Podgorica ha riconosciuto l’indipendenza del Kosovo. Adesso però i rapporti sembrano migliorati, indirizzati verso l’obiettivo comune dell’Unione europea.

Qualche giorno fa a Belgrado è arrivato Milo Djukanovic, il padre-padrone del Montenegro, primo ministro oggi e molte altre volte dal 1991. Nella capitale serba non si vedeva dal 2003. Allora ci era andato per i funerali di Zoran Djindjic, capo del governo ucciso a colpi di arma da fuoco. Dieci anni dopo è ricomparso e ha firmato un accordo di collaborazione nel percorso dei due Paesi verso Bruxelles. Il primo ministro ospitante Dacic ha ribadito che la scelta montenegrina di legittimare il Kosovo è stata sbagliata, ma ha aggiunto che questo non porta Belgrado a voler complicare le relazioni con Podgorica. Parole che confermano l’impressione degli ultimi mesi: la Serbia sembra aver sempre meno voglia di rivendicare il controllo su Pristina.

Distensione con il Kosovo, distensione con il Montenegro. Quella di Belgrado pare una linea politica precisa, mirata all’ingresso nell’Unione, che vede di buon occhio ogni riduzione delle tensioni. E dire che in Serbia non comandano i moderati: nel 2012 le presidenziali sono state vinte dal nazionalista Nikolic, che ha battuto l’europeista Tadic. L’altro primo attore è appunto Dacic, portavoce per anni del partito di Milosevic. Gli (ex?) estremisti si cimentano con la Realpolitik, e sembrano avere successo: entro poche settimane Belgrado potrebbe avviare il negoziato di adesione alla Ue. Podgorica lo ha fatto l’anno scorso.

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Tra gennaio e agosto il numero di multe legate ai pedaggi sloveni è sceso di circa il 15% (foto Chriszwolle, http://bit.ly/1kea6Vb)

Tra gennaio e agosto il numero di multe legate ai pedaggi sloveni è sceso del 15% rispetto allo stesso periodo 2012 (foto Chriszwolle, http://bit.ly/1kea6Vb)

Non sempre le vignette fanno ridere. A volte fanno arrabbiare: è il caso della Slovenia, dove la parola che a noi fa venire in mente i fumetti si riferisce al ticket necessario per viaggiare in autostrada. Da gennaio scattano forti aumenti per le macchine e soprattutto per i mezzi commerciali. Facile immaginare che dietro ci sia la crisi economica, che ha colpito duramente il Paese.

La vignetta può essere settimanale, mensile, semestrale o annua. In quest’ultimo caso gli automobilisti pagheranno 110 euro contro i 95 attuali. La novità più pesante riguarda i veicoli commerciali leggeri: il pedaggio raddoppia passando a 220 euro. Per le macchine non cambiano i costi dei bollini mensili (30) e settimanali (15); per le moto salgono leggermente quelli annuali e semestrali.

Secondo il quotidiano di Lubiana Dnevnik le autostrade slovene si apprestano a diventare le più care d’Europa per camion e simili. I rincari potrebbero spiegarsi anche con lo scarso funzionamento dei controlli elettronici al casello, che devono verificare se sul vetro del mezzo c’è la vignetta (e che non sia scaduta). Chi fa il furbo rischia una multa di 300 euro. A gestire tutto è la società pubblica Dars, che stimerebbe di incassare diverse decine di milioni in più grazie agli aumenti.

Il ticket è richiesto sia a chi vive in Slovenia che a chi arriva dall’estero. Il sistema è entrato in vigore nel 2008, causando proteste dalla Croazia, legate al timore che il pedaggio avrebbe spaventato i turisti. Ora però anche Zagabria starebbe pensando di introdurre le vignette. Cinque anni fa la crisi non c’era. Adesso sì, e anche nei Balcani si sente.

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