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Darko Novovic, 37 anni, ex pallanuotista del Partizan Belgrado, è nel Guinness dei Primati

Una follia alla Kusturica. Che potrebbe finire in un film di Kusturica. Darko Novovic, ex pallanuotista serbo, ha percorso a nuoto i 5.450 km del Rio delle Amazzoni in 46 giorni: 20 in meno del precedente titolare del record, lo sloveno Martin Strel. Ora Emir Kusturica starebbe pensando di girare una pellicola su di lui.

 

“L’acqua del Rio delle Amazzoni è la cosa più disgustosa che abbia mai visto – ha detto Novovic appena tornato… a terra. – Ogni giorno mi facevo tre docce, e ho assunto tre tipi diversi di vaccino”. L’atleta serbo è partito da Atalaj, in Perù, e ha concluso la sua impresa in Brasile. Per tutto il tragitto lo hanno seguito quattro imbarcazioni venezuelane. Darko nuotava sedici ore al giorno. Si fermava soltanto per dormire e mangiare con i marinai che lo proteggevano. In senso letterale: nel fiume sguazzano piranha, squali e coccodrilli. A difendere il nuotatore c’era una sorta di rete-gabbia, trainata dalle barche che lo accompagnavano.

Una scena da "Palombella rossa" di Nanni Moretti: un raro (e fortunato) incontro tra pallanuoto e cinema

 

Adesso Darko è tornato a Belgrado. Gli hanno proposto un’altra pazzia: percorrere a nuoto tutto il Danubio, dalla Foresta Nera al Mar Nero. In passato ha attraversato anche il Canale della Manica e l’Adriatico. Poi ci sono le voci su Kusturica. Forse il grande regista non girerà un film sul nuotatore. Ma di sicuro le storie di Emir sono folli quanto le imprese di Darko.

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Zlatko Dizdarevic è un giornalista nato a Belgrado nel 1948. In Italia ha pubblicato anche "Lettere da Sarajevo" (Feltrinelli, 1998)

“Oslobodenje”, in serbo-croato, significa “liberazione”. Non è un caso che a portare questo nome sia uno dei quotidiani storici di Sarajevo, fondato dai partigiani che lottavano contro l’occupazione nazista della Jugoslavia. Purtroppo un’altra generazione di redattori della stessa testata ha dovuto vivere una guerra: ne fa parte Zlatko Dizdarevic, che ha raccontato il dramma degli anni ’90 dal suo interno, mentre si stava compiendo.

Giornale di guerra (Sellerio, 1994) è la descrizione dell’assedio di Sarajevo da parte di chi ho la vissuto. La capitale bosniaca rimase stretta nella morsa del conflitto per quasi quattro anni: “Oslobodenje” continuò a uscire ogni giorno, grazie al lavoro di circa 70 giornalisti musulmani, serbo-bosniaci e croato-bosniaci. A guidarli c’era Dizdarevic, che racconta di essere cresciuto “in una famiglia in cui ci si sentiva prima di tutto jugoslavi”. La redazione del quotidiano, insomma, era uno scrigno in cui si difendeva quella “convivenza delle diversità” che i signori della guerra volevano distruggere: ancora di più, però, era un luogo di resistenza umana, oltre che professionale, all’orrore. Continuando a credere nel loro lavoro, i giornalisti di “Oslobodenje” si ostinavano a credere nella dignità della persona. Viene in mente Se questo è un uomo di Primo Levi: il suo sforzo di ricordarsi i versi di Dante nel lager è il simbolo di tutti i tentativi di opposizione al male da parte dell’uomo. Dizdarevic non è Levi, non ha la sua stessa altezza letteraria, ma le miserie della città assediata sono le stesse dei campi di concentramento: il giornalista ci racconta le lotte per trovare l’acqua, le stragi senza senso, i piccoli gesti di ogni giorno che assumono una valenza enorme, impensabile in tempo di pace. “Considerate se questo è un uomo, che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per mezzo pane, che muore per un sì o per un no”: i versi della poesia che apre il capolavoro di Levi esprimono lo stesso dolore, la stessa rabbia vitale che prova Dizdarevic, che prova ogni uomo colpito da un’atrocità troppo grande per essere accettata.

La sede di "Oslobodenje", distrutta nel luglio '92. Da allora la redazione si trasferì in un rifugio antiatomico

Nel dicembre 1993, a conflitto in corso, il Parlamento europeo conferì a “Oslobodenje” il Premio Sacharov per la libertà di pensiero. Nello stesso anno gli editori Kemal Kurspahic e Gordana Knezevic furono premiati dalla World Press Review per “il loro coraggio, la loro tenacia e la loro dedizione ai principi del giornalismo”. I riconoscimenti internazionali, tuttavia, non sono bastati a diffondere a sufficienza Giornale di guerra anche in Italia, sebbene il libro sia stato tradotto da un personaggio famoso come Adriano Sofri. C’è bisogno di ritrovare un testo del genere, se si vuole capire cosa è successo a pochi chilometri da casa nostra: ce n’è bisogno, soprattutto, se si vuole comprendere quale spinta ha permesso ai Balcani di sopravvivere, quale forza d’animo animava chi ha “combattuto” la guerra schierandosi dalla parte della vita.

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Rapide e cascate sono disseminate in tutto il Parco di Plitvice

Ancora non sono diventati una meta turistica di massa. Anche se d’estate il transito di visitatori è notevole. I laghi di Plitvice, a 140 km da Zagabria, sono uno dei luoghi più incantevoli d’Europa. Immersi in una natura rigogliosa, che riempie gli occhi con il suo verde scintillante, sono il posto ideale per rilassarsi e godersi la bellezza del paesaggio croato. Coperti di neve d’inverno, freschi e luminosi d’estate, meritano assolutamente un’escursione di uno o due giorni, tappa obbligata per chi vuole conoscere a fondo l’ex Jugoslavia.

Il Parco nazionale di Plitvice, patrimonio dell’umanità Unesco, comprende 16 laghi, divisi in superiori ed inferiori. Entrambi sono visitabili interamente a piedi, spostandosi sulle passerelle che corrono a pelo d’acqua. Camminando lungo il perimetro dei laghi, oppure attraversandoli su ponticelli di legno, si ha quasi l’impressione di nuotare nell’azzurro cristallino da cui si è circondati: una magia a cui si aggiunge quella delle cascate, innumerevoli e tutte diverse tra loro, piccole e delicate oppure alte e maestose (la maggiore raggiunge i 78 metri).

Una delle passerelle che attraversano i laghi del Parco

Chi non ha voglia di fare il percorso sulle proprie gambe può servirsi dei pulmini, che viaggiano attraverso il Parco e offrono un punto di vista particolare sulle meraviglie dell’oasi. Da provare anche i traghetti che fanno la spola da una riva all’altra dei laghi, consentendo di ammirare gli specchi d’acqua dal loro interno in tutta tranquillità. I più fortunati potranno imbattersi nei tanti animali che popolano i boschi circostanti: 157 specie di uccelli, 50 di mammiferi, 321 di farfalle e molti altri.

Il pernottamento a Plitvice è confortevole. Dentro al Parco e nei suoi dintorni si trovano alcuni alberghi, da cui si possono raggiungere i laghi a piedi. A qualche km di distanza c’è un campeggio a basso costo, collegato comodamente da un bus navetta. Ovunque cada la scelta, ci si troverà a dormire in mezzo alla natura, con prezzi ragionevoli e un clima delizioso soprattutto in primavera. Chi visita Plitvice tra marzo e aprile può trovarci l’ultima neve di stagione, illuminata dal sole che inizia a farsi alto dopo l’inverno: una poesia che vale la pena di vivere di persona, scoprendo gli angoli nascosti di un paradiso in terra ben custodito dagli uomini.

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