
La responsabile esteri Ue Mogherini con il capo del governo kosovaro Isa Mustafa (foto European External Action Service, http://bit.ly/R7HqWA)
Oltre 100mila persone espatriate in pochi mesi. Fanno impressione i dati contenuti in una relazione discussa al parlamento kosovaro. Dall’ex provincia serba è in corso una specie di esodo, che sembra motivato innanzitutto da ragioni economiche: la zona è una delle più povere d’Europa, e in questi anni la classe politica non ha fatto abbastanza per migliorare la situazione.
Il tasso di disoccupazione è intorno al 40%. Circa un quinto della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Gli abitanti sono poco meno di due milioni e negli ultimi anni una fetta importante ha lasciato il paese. Alcuni sono stati costretti a tornarci: pochi giorni fa un gruppo di kosovari entrati illegalmente nell’Unione europea è stato messo su un aereo e rispedito in patria da Germania, Austria, Svezia, Finlandia e Ungheria. Quest’ultimo paese è la porta d’ingresso nella Ue per molte di queste persone, che attraversano la Serbia per raggiungerlo. Alcune settimane fa le autorità di Budapest e Belgrado hanno rafforzato i controlli alle frontiere.
Chi riesce a passare il confine può chiedere asilo, ma in Kosovo non ci sono guerre o persecuzioni come in Siria, Iraq o altri paesi da cui scappano milioni di rifugiati. Molti cittadini balcanici sembrano destinati a essere rimandati indietro, a meno che non provino a vivere negli stati in cui entrano da “invisibili”, senza segnalare la loro presenza. Tutto questo a sette anni dalla dichiarazione d’indipendenza di Pristina, accettata finora da 108 su 193 membri dell’Onu e da 23 su 28 dell’Unione europea.
Quest’anno è attesa la firma dell’accordo di stabilizzazione e associazione con la Ue, ma la novità più importante dei prossimi mesi rischia di essere l’esplosione del malcontento, dopo che a gennaio nella capitale ci sono state proteste e scontri. L’anno scorso il Kosovo è rimasto senza governo per mesi, in preda a una crisi istituzionale. Al di là del tira e molla con la Serbia per ottenere il definitivo distacco, al momento non si può dire che le cose dopo la secessione siano andate bene.