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Posts Tagged ‘berlusconi’

La compagnia di bandiera slovena Adria Airways dovrebbe essere privatizzata (www.diplomatic-corporate-services.si)

La compagnia di bandiera slovena dovrebbe esser venduta (www.diplomatic-corporate-services.si)

Prima che Bruxelles imponga l’austerità alla Slovenia, Lubiana ha deciso di metterla in pratica da sola. Da mesi il Paese è osservato con attenzione dall’Unione europea, per problemi già visti altrove: bolla immobiliare, aumento dei tassi dei titoli di Stato e soprattutto banche dissestate. Da mesi si parla del fatto che il governo possa essere costretto a chiedere aiuti internazionali. A febbraio l’esecutivo è caduto, e se ne insediato un altro guidato da Alenka Bratusek, tecnocrate del ministero delle Finanze passata alla guida di un partito di centrosinistra.

La ricetta per fare “da soli” è anch’essa già sentita: creazione di una bad bank, ricapitalizzazione degli istituti di credito, riduzione degli stipendi pubblici, privatizzazioni, aumento dell’Iva, taglio della spesa sociale. Se problemi e soluzioni proposte sono gli stessi di altri Paesi europei, non si vede perché i risultati dovrebbero essere diversi, e quindi verrebbe da essere pessimisti. A rafforzare l’impressione c’è una previsione della Commissione Ue: secondo Bruxelles nel 2014 gli unici Stati della zona euro in cui il pil scenderà saranno Cipro e Slovenia. Il caso dell’isola mediterranea è stato accostato più volte a quello di Lubiana, che naturalmente smentisce, assicurando di potercela fare con le sue forze. Quello che sembra voler mettere in atto è un “auto-commissariamento” che ricorda un po’ quello realizzato da Monti in Italia, quando subentrò a Berlusconi, per evitare di dover di chiedere sostegno all’Europa. E il pessimismo si conferma se pensiamo alla difficile situazione economica e sociale in cui si trova oggi il nostro Paese.

Per ricapitalizzare le banche potrebbero servire 900 milioni. Dal taglio dei salari pubblici potrebbero arrivarne 240. Poi ci sono quelli attesi dalla vendita di aziende come Telecom Slovenia e la compagnia di bandiera Adria Airways. “Tenere in ordine i conti e rilanciare la crescita”, dice il primo ministro, e di nuovo suonano come parole ripetute mille volte, per ultimo da Enrico Letta in Italia poche ore fa. Nelle prossime ci sarà un vertice europeo, e a giugno ne è previsto un altro, che dovrebbe essere più importante sul piano della crisi e di come affrontarla. Molti dicono che se non si decide un allentamento del rigore in quelle sedi, non cambierà nulla. E governi come quello di Lubiana continueranno a imporsi, o a farsi imporre, cure di efficacia molto dubbia.

FONTI: Corriere della Sera, La Repubblica, Euronews

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Behgjet Pacolli è il nuovo capo dello Stato del Kosovo (estjournal.wordpress.com)

Behgjet Pacolli è il nuovo presidente del Kosovo. Imprenditore discusso (c’è chi lo definisce “il Berlusconi dei Balcani”), succede a Fatmir Sejdiu, dimissionario nello scorso settembre. Ma l’opposizione non ci sta. Lega democratica del Kosovo  (Ldk) e Alleanza per il futuro del Kosovo (Aak) hanno già fatto ricorso alla Corte costituzionale contro la sua elezione.

Chi è Pacolli? Sessanta anni da compiere nel prossimo agosto, laureato in economia e commercio, ha iniziato – come Berlusconi – nel settore edile, con la società di costruzioni Mabetex, attiva soprattutto nelle ex repubbliche sovietiche. Nel 1999 è stato indagato per riciclaggio da Carla Del Ponte, futuro procuratore capo del Tribunale internazionale per l’ex Jugoslavia, ma la procedura si è conclusa con l’archiviazione. Sposato con Anna Oxa dal 1996 al 2002, nel 2001 ha fondato la casa discografica B & G insieme a Gianni Belleno, ex marito della cantante. Un’operazione fallimentare: nonostante si fosse assicurata artisti come Ivana Spagna e Loredana Bertè, l’etichetta ha chiuso dopo appena tre anni.

Pacolli come Berlusconi: una stretta di mano con Gheddafi (gazetatema.net)

Entrato in parlamento nel 2010 con il partito Alleanza per il nuovo Kosovo, Pacolli è diventato presidente martedì 22 febbraio. Il capo dello Stato viene eletto dal parlamento, che ha tre tentativi disponibili per trovare un accordo. Se alla terza votazione nessun candidato vince, l’assemblea viene sciolta e si torna alle urne. Una possibilità che sembrava molto concreta martedì, dopo che i primi due turni si erano conclusi con una fumata nera. E’ stato allora che il primo ministro Hashim Thaci ha chiesto una pausa delle consultazioni. Finito il break si è votato di nuovo, e Pacolli ha ottenuto la maggioranza.

Lo “stop” chiesto da Thaci non è piaciuto a Aak e Ldk, il partito di Ibrahim Rugova, il primo presidente del Kosovo, morto cinque anni fa. L’opposizione ha gridato allo strappo costituzionale, mentre il nuovo capo dello Stato ha trovato una buona accoglienza da parte della Serbia. “Siamo pronti a sedersi al tavolo con chiunque sia eletto”, ha fatto sapere il governo di Boris Tadic, che da alcuni mesi ha teso una mano a Pristina per avviare un dialogo. La Serbia non accetta ancora l’indipendenza del Kosovo, né dà l’impressione di volerlo fare a breve: è disposta, però, a trattare con le istituzioni dell’ex provincia ribelle. E da martedì ha un nuovo interlocutore con cui parlare.

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Milo Djukanovic con Silvio Berlusconi, in visita in Montenegro nel marzo 2009 (corrieremontenegrino.it)

Milo Djukanovic chiederà i danni alla giustizia italiana. L’ex primo ministro del Montenegro, indagato a Bari per contrabbando di sigarette, ha visto archiviata l’inchiesta a suo carico nello scorso maggio. Ma non è soddisfatto dalle motivazioni presentate dagli inquirenti.

La procura, infatti, ha interrotto il procedimento contro Djukanovic a causa dell’immunità diplomatica di cui godeva, in quanto capo di governo. La Repubblica riporta le dichiarazioni rilasciate pochi giorni fa dall’accusato: “In tal modo i giudici hanno cercato di uscire dal vicolo chiuso in cui si trovavano. Dopo dieci anni di indagini è difficile fare marcia indietro e dire: abbiamo sbagliato. E’ molto più facile appoggiarsi sull’immunità”. Ma chi è Milo Djukanovic?

Igor Luksic, primo ministro montenegrino, successore di Djukanovic. A 35 anni è il più giovane capo di governo al mondo (bh-news.com)

Nato a Niksic (seconda città del Montenegro) 49 anni fa, è stato primo ministro del suo Paese due volte: la prima dal 1991 al 1998, la seconda dal 2003 allo scorso 21 dicembre. Tra il 1998 e il 2003 ha ricoperto la carica di presidente. Durante le guerre jugoslave si è reso ostile a Milosevic e ha conquistato il consenso popolare con un programma di apertura all’economia di mercato e di cooperazione con l’Occidente. Negli anni successivi, però, si è parlato con sempre maggiore insistenza dei suoi rapporti col narcotrafficante Darko Saric e con le mafie italiane.

Per la procura di Bari e per quella di Napoli – che a sua volta lo ha indagato per contrabbando – Djukanovic era un pericoloso criminale. Per il governo Berlusconi era un importante partner commerciale, soprattutto nel campo dell’energia. Ora in Montenegro non è più al comando. Ma il suo potere, è facile immaginarlo, è tutt’altro che svanito.

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Il membro musulmano della presidenza "tripartita" sarà Bakir Izetbegovic, figlio dell'ex presidente Alija

I musulmani scelgono di cambiare. I serbi e i croati no. E’ il riassunto delle elezioni politiche di domenica 3 ottobre in Bosnia. A comporre la presidenza “tripartita” saranno il serbo Nebojsa Radmanovic, il croato Zeljko Komsic e il musulmano Bakir Izetbegovic: ma solo la vittoria di quest’ultimo segna una reale novità.

Alija Izetbegovic è stato presidente della Bosnia dal 1990 al 1996, negli anni più duri per il Paese e per tutta l’ex Jugoslavia. Oggi suo figlio raccoglie l’eredità di Haris Silajdzic, un altro protagonista della guerra degli anni ’90, di posizioni più radicali rispetto al suo successore. L’elezione di un musulmano “moderato” è letta da molti come positiva per la convivenza interetnica: in questa chiave è però meno incoraggiante il successo dell’Alleanza dei socialdemocratici indipendenti (SNSD), la formazione politica di Radmanovic – riconfermato nel suo incarico – e soprattutto di Milorad Dodik, vero leader del partito, che ha respinto l’invito al dialogo di Izetbegovic con un secco: “Non abbiamo niente da discutere”. Decisamente più morbido l’orientamento di Komsic, anche lui al secondo mandato, estraneo agli spiriti nazionalisti cavalcati dai rappresentanti serbi.

Il grande sconfitto è Haris Silajdzic, in carica dal 2006. Con lui la disoccupazione è arrivata al 43%

La vera sorpresa delle votazioni di una settimana fa, comunque, ha il nome di Fahrudin Radoncic. Proprietario di Dnevni Avaz, il quotidiano più venduto in Bosnia, per il suo potere mediatico è già stato soprannominato “il Berlusconi dei Balcani”. Alle urne ha battuto addirittura Silajdzic, raccogliendo il 31% dei consensi. Non abbastanza per sconfiggere Izetbegovic, arrivato al 35%. Ma abbastanza per capire che Sarajevo ha voglia di cambiare.

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Il ministro della Difesa Ignazio La Russa al Corriere della Sera: "Se contrasta con la riduzione del contingente nei Balcani, il comando centrale del Kosovo è un problema"

L’Italia rinuncia al comando della Kfor. La Kosovo force, la forza militare internazionale diretta dalla Nato per garantire la stabilità e la ricostruzione dell’area, è a guida tedesca dal settembre 2009. Negli ultimi mesi gli Stati Uniti hanno corteggiato il nostro Paese per chiedergli di assumere le redini della missione. La crisi economica ha spinto il governo a rifiutare. Berlusconi intende aumentare i militari in Afghanistan, riducendo allo stesso tempo quelli inviati nei Balcani.

La Kfor è attiva in ex Jugoslavia dal 1999. Nel periodo della massima partecipazione ha contato 50 mila soldati e 39 Stati partecipanti. Oggi le nazioni presenti sono 31, per un totale di circa 10 mila militari. Italia, Usa e Germania contribuiscono con più di mille effettivi ciascuna. Gli americani avrebbero voluto che il Belpaese prendesse il controllo del comando centrale e di quello nordoccidentale, uno dei due ai quali si ridurranno gli attuali cinque comandi locali. La seconda richiesta è stata accettata. La prima è stata respinta.

Giuseppe Emilio Gay, l'ultimo dei 4 comandanti italiani tra i 14 che finora si sono succeduti alla guida della missione

Accogliere la proposta statunitense avrebbe comportato l’impiego di 200 militari in più: una spesa difficile da giustificare agli occhi dell’opinione pubblica, specie alla luce dell’attuale congiuntura economica. Quello italiano non è un caso isolato: “E’ molto difficile per i governi sostenere davanti alla gente tagli profondi ai programmi sociali, educativi e alle pensioni, ma non al budget della difesa”, ha detto al Times Anders Fogh Rasmussen, segretario generale della Nato. “E’ ovvio che anche questi bilanci saranno colpiti dalla crisi economica”.

Una missione a guida italiana sarebbe stata apprezzata dalla Serbia, in buoni rapporti con Roma e in pessime relazioni con la sua (ex) provincia ribelle. Il nostro governo, però, ha già previsto il dimezzamento del proprio contingente da 1.200 a 650 persone. E le manovre correttive allo studio in diversi Paesi europei potrebbero portare alcuni di questi a seguire la stessa strada. Non sappiamo quanto a lungo la Kfor resterà “tedesca”. Ma di sicuro molto difficilmente diventerà più “italiana”.

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Ivano Pasqualino, autore del blog "La finestra sul fronte"

Quando abbiamo aperto Balcanews, ci siamo proposti di andare “oltre” la guerra: quella degli anni ’90, che spesso sembra essere l’unico argomento che spinge i mass media a parlare dell’ex Jugoslavia. Stavolta, però, trasgrediremo al nostro proposito, per presentarvi un blog che parla proprio di conflitti armati: La finestra sul fronte. La contraddizione è solo apparente, perché lo spirito che anima i nostri articoli in fondo è simile a quello dei pezzi del collega Ivano Pasqualino: la guerra esiste e va raccontata, ma cercando di dare rilievo ai gesti di umanità di chi oppone resistenza all’orrore.

Digitando l’indirizzo www.lafinestrasulfronte.wordpress.com, è probabile veder apparire il volto serio di Obama o quello compiaciuto di Berlusconi: molti dei post si occupano dei potenti della Terra, quando le loro decisioni si intrecciano con avvenimenti bellici o addirittura li provocano. I protagonisti, però, non sono solo i politici, ed anzi è proprio alle persone comuni, alle “storie di vita quotidiana” che Pasqualino si dedica con maggior passione. Dai reduci della prima guerra mondiale ai giornalisti incarcerati in Eritrea, veniamo a conoscenza di aneddoti, avventure, tragedie che finiscono solo superficialmente sui giornali. La “finestra” che si apre davanti ai nostri occhi ci offre un punto di vista diverso su realtà di cui si parla molto (Afghanistan, Haiti), ma spesso senza andare oltre le cifre e i comunicati ufficiali. Pasqualino descrive realtà drammatiche con grande forza emotiva e a volte anche con ironia, quest’ultima ovviamente riservata ai “grandi” capi di Stato e ai loro errori. Il tutto arricchito da video, citazioni (la pagina “Pensieri”) e da una veste grafica leggera e gradevole.

La homepage del blog, che parla di storie di guerra tra capi di Stato e persone comuni

Una critica a La finestra sul fronte? Non sulla frequenza di aggiornamento, regolare anche se non altissima. Non sulla struttura dei pezzi, divisi in sezioni e con numerosi link ad altri siti. Se proprio dovessimo dire qualcosa a Pasqualino, non sarebbe un rimprovero, ma un suggerimento: sviluppare ancora meglio la pagina “Volti”, dedicata agli “occhi di uomini e donne che hanno già aperto una finestra sul fronte, pagando a volte con la loro stessa vita”. Per ora ci sono gli sguardi di Anna Politkovskaja e Maria Grazia Cutuli. Sarebbe bello se alle loro si aggiungessero altre storie, oltre alle tante ben raccontate dall’autore nelle altre parti del blog.

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