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Posts Tagged ‘censura’

Copia e incolla, pratica diffusa. Ma non sempre corretta (foto Gustavo Martinez, http://bit.ly/1m88Mqa)

Copia e incolla, pratica diffusa. Ma non sempre corretta (foto Gustavo Martinez, http://bit.ly/1m88Mqa)

Non è la prima volta che un politico è accusato di aver barato su un titolo di studio. Il caso del ministro dell’Interno serbo, però, non è solo questo. Si parla di consuetudine che va oltre la singola vicenda, corrodendo parte del sistema accademico balcanico, e di censura sullo scandalo da parte delle autorità.

Nebojsa Stefanovic ha conseguito un dottorato l’anno scorso all’ateneo privato Megatrend. Un gruppo di studiosi dice che la sua tesi non aveva peso scientifico e presentava diversi plagi. Il ministro nega tutto, ma finora non pare essere riuscito a portare prove inoppugnabili della sua innocenza. Nel mirino non c’è solo lui: il suo relatore – e rettore dell’università – viene accusato di non aver mai ottenuto un dottorato che sostiene di aver portato a termine in Gran Bretagna. Anche il professore smentisce, ma fa un passo indietro, lasciando la guida dell’ateneo.

Fin qui una storia come altre. Il punto però è che gli accademici che hanno scoperchiato la pentola dicono di averlo fatto per denunciare un problema diffuso: atti illegali compiuti da politici serbi per assicurarsi titoli di studio. I professori dicono che continueranno a esaminare altri casi, per portare alla luce nuove frodi. Chissà se il loro sguardo si allargherà oltre i confini del Paese: Florian Bieber, docente di Studi del Sud-est Europa all’università di Graz, ha censito gli atenei balcanici privati con i nomi più strani. Uno si trova a Tirana e ha una certa fama in Italia: la Krystal di Renzo Bossi.

Infine la censura. Poche ore dopo la pubblicazione dell’indagine sul ministro serbo, il sito che aveva dato la notizia è diventato inaccessibile. I gestori dicono di aver subìto un attacco. Episodi simili si sarebbero verificati in occasione delle alluvioni che hanno devastato il Paese a maggio, quando tre persone sono state arrestate con l’accusa di aver seminato il panico sui social network e diversi blog critici verso le autorità sono stati hackerati. Su vicende come queste dovrebbe vigilare anche l’Unione europea, che presto potrebbe accogliere Belgrado.

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Mélanie Laurent, 27 anni, ha esordito in "Un pont entre deux rives" (1999) di Gerard Depardieu

Prendi un gruppo di semi-barboni russi, gitani ed ebrei emarginati dal regime sovietico. Portali a suonare Ciajkovskij a Parigi, nel prestigioso Théâtre du Châtelet. Condisci il tutto con un’insolita storia “sentimentale” tra una violinista di successo e un ex grande direttore d’orchestra: il risultato è Il concerto, l’ultimo coinvolgente film di Radu Mihaileanu. A differenza di Train de vie (1998), a firmare la colonna sonora non è Goran Bregovic, ma un bravissimo Armand Amar: la pellicola ha già vinto il premio César 2010 per le migliori musiche e il miglior sonoro.

La storia inizia a Mosca, ai tempi di Leonid Breznev. Andrei Filipov (un convincente Aleksei Guskov) dirige i musicisti del Teatro Bolshoi. Quando si rifiuta di liberarsi dei suonatori ebrei, viene cacciato insieme ai suoi strumentisti. Trent’anni dopo, Andrei lavora ancora al Bolshoi, ma come uomo delle pulizie. Una sera trova casualmente un fax indirizzato alla direzione: è lo Châtelet, che invita l’orchestra ufficiale a suonare a Parigi. Il malinconico protagonista, ancora segnato dall’umiliazione del licenziamento, ha allora un’idea folle: riunire i suoi vecchi sodali e portarli in Francia, spacciandoli per gli orchestrali del Bolshoi. A spingerlo sono l’amore per la musica e la voglia di riscatto, ma anche il desiderio di incontrare la giovane stella del violino Anne-Marie Jacquet (Mélanie Laurent, famosa da Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino). Semplice attrazione fisica? O forse tra i due c’è un legame più profondo, nato proprio trent’anni prima, in occasione della “censura” sovietica? Mihaileanu ci svela la verità lentamente, suggerendoci con parsimonia ciò che il passato nasconde: e in questo sta la vera bellezza del film, che incuriosisce e appassiona grazie a una trama brillante e a personaggi molto ben assortiti.

Nel film c'è anche una piccola parte per Lionel Abelanski, lo Shlomo di "Train de vie"

“Se il violino non suona bene, l’orchestra va per conto suo e viceversa: i due elementi sono indissociabili”. Mihaileanu riassume così l’essenza della vicenda: credere in qualcosa, e crederci insieme ad altre persone, è il modo migliore per vivere con umanità. Come le altre opere del regista rumeno, anche questa fa sorridere ed emozionare: alcune scene di “pazzia” gitana sono degne del miglior Kusturica. “L’umorismo che preferisco è quello in reazione al dolore e alle difficoltà” dice Mihaileanu. “Per me, l’ironia è un’arma giocosa e intelligente, una ginnastica della mente, contro la barbarie e la morte, un modo per spezzare la tragedia che ne è la sorella gemella”. Il sogno della sgangherata compagnia di Filipov, che vuole portare a termine “il” concerto interrotto dalla dittatura, è animato dalla forza e dalla passione di chi non si arrende alla sofferenza: la stessa energia vitale che ha permesso all’ex Jugoslavia di sopravvivere con dignità agli orrori degli anni ’90.

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