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Posts Tagged ‘commissione europea’

Il parlamento sloveno (foto Simonetta Di Zanutto,  http:// bit.ly/1iowB8m)

Il parlamento sloveno (foto Simonetta Di Zanutto, http:// bit.ly/1iowB8m)

Una crescita del pil del 2,4% nel 2014, dell’1,7% nel 2015 e del 2,5% nel 2016. C’è da scommettere che Matteo Renzi pagherebbe per avere delle stime così dalla commissione europea. Questi dati però riguardano la Slovenia. Lubiana è in crisi da anni, nei mesi scorsi si era parlato di possibili aiuti internazionali, insomma: non siamo di fronte alla locomotiva tedesca, o agli Stati Uniti rimessi in piedi dopo il crac del 2008. Come si spiegano allora le previsioni sul paese balcanico?

Iniziamo col dire che quelle europee per quest’anno sono addirittura migliori di quelle del governo sloveno, che parlava di un aumento del prodotto interno lordo del 2%. A trainare la crescita sembrano essere export e investimenti, entrambi in ripresa negli scorsi mesi. Difficile, invece, dire che dietro il trend positivo ci sia la stabilità politica: l’ultimo governo è nato in estate, e quello precedente si era insediato l’anno scorso. Il pil era crollato dell’8% nel 2009, per poi aumentare di poco nei due anni seguenti. Poi ancora segno meno, ed è interessante segnalare che proprio un anno fa la commissione europea stimava che nel 2014 il prodotto sloveno avrebbe perso l’1%.

Stime come queste vanno prese con le molle, quindi, come insegnano anche le vicende italiane (ad aprile il governo ipotizzava per quest’anno una crescita vicino al punto percentuale; alla fine dei conti molto probabilmente sarà negativa). A Lubiana i fattori che potrebbero causare un nuovo peggioramento della situazione non mancano: debito pubblico aumentato negli ultimi anni, sistema bancario in crisi, politiche di austerità che altrove hanno fatto molti danni. Ancora presto, quindi, per parlare di sicura uscita dal tunnel.

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Violeta Bulc, candidata slovena a far parte della commissione europea (foto Jan Sandred, http://bit.ly/1jpMrk5)

Violeta Bulc, candidata slovena a far parte della commissione europea (foto Jan Sandred, http://bit.ly/1jpMrk5)

L’entrata in funzione della nuova commissione europea potrebbe slittare per colpa della Slovenia. L’ex capo del governo Alenka Bratusek, candidata alla vicepresidenza a Bruxelles, è stata bocciata dal parlamento comunitario. Il Sole 24 Ore scrive che durante l’audizione di fronte ai politici eletti è apparsa impreparata. Ora Lubiana propone Violeta Bulc, vice di Miro Cerar, alla guida dell’esecutivo nazionale da poche settimane. Il neo-presidente della commissione, Jean-Claude Juncker, potrebbe incontrarla nei prossimi giorni.

L’obiettivo sarebbe non rimandare l’inaugurazione del governo di Bruxelles, prevista il 1° novembre. I capigruppo di socialisti e popolari all’europarlamento chiedevano che Bratusek fosse sostituita da Tanja Fajon, già deputata comunitaria. Le autorità slovene hanno deciso di puntare su un altro nome. Attualmente il voto di fiducia per l’esecutivo Juncker è fissato il 22 ottobre. L’audizione di Bulc potrebbe svolgersi il 20. Nelle sue mani finirebbe la delega all’energia, finora detenuta dal tedesco Oettinger.

Bulc ha 50 anni e una storia da imprenditrice. Bratusek ne ha 44, e ha guidato il governo di Lubiana per un anno e mezzo. Per sei era stata a capo di un dipartimento del ministero delle finanze. Insomma, sembra conoscere la politica meglio della sua sostituta. Ora però il tempo stringe: un’altra bocciatura farebbe montare il caso, e va detto che dalle elezioni europee sono passati quattro mesi. Impiegarne di più per far insediare la nuova commissione potrebbe creare diverse polemiche.

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Il primo ministro macedone Nikola Gruevski (foto European People's Party, http://bit.ly/1cQnChe)

Il primo ministro macedone Nikola Gruevski (foto European People’s Party, http://bit.ly/1cQnChe)

Il Paese ex jugoslavo con la minore libertà di stampa. Secondo la classifica 2014 di Reporter senza frontiere è la Macedonia, al 123° posto nel mondo. Prima vengono Slovenia (34°), Serbia (54°), Croazia (65°), Bosnia (66°), Kosovo (80°) e Montenegro (114°). Anche nel 2013 l’ultima piazza spettava a Skopje. Ma sembra che qualche anno fa la sua situazione non fosse così negativa.

Lo scenario attuale descritto da più fonti vede una forte influenza del governo sui media. Nikola Gruevski è primo ministro dal 2006, e pare che proprio da allora il mondo dell’informazione abbia iniziato a soffrire di più. Tra gli strumenti usati ci sarebbe l’acquisto di pubblicità per somme grosse, tanto grosse da condizionare chi ne beneficia (o chi invece ne è escluso). Il parlamento ha approvato da poco una nuova legge sulla stampa, giudicata positivamente dall’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa. Da capire se e come sarà applicata.

L’ultima notizia in materia che ha fatto rumore è la rimozione del direttore di uno dei quotidiani più importanti del Paese. L’anno scorso il proprietario ha fondato un partito, e nei giorni scorsi ha accusato il giornalista alla guida della testata di “manipolazione politica” attraverso i suoi articoli, che davano spazio anche al punto di vista dell’opposizione. Il diretto interessato dice che se il suo padrone vuole continuare a fare soldi deve restare in buoni rapporti con Gruevski, e che per questo ha deciso di cambiare il vertice del giornale.

Il corrispondente da Skopje di Osservatorio Balcani scrive che fino a quattro anni fa la stampa macedone stava abbastanza bene. Difficile che il clima migliori in questi mesi, che precedono le elezioni presidenziali di aprile. Sullo sfondo lo sguardo della Commissione europea, che si dice preoccupata, e il percorso che dovrebbe portare il Paese nell’Unione. Gli Stati ex-jugoslavi che ce l’hanno fatta, o stanno per farcela, sembrano avere un’informazione decisamente più libera.

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Il Papa al suo arrivo a Zagabria. Il primo alla sua destra è il presidente croato Ivo Josipovic (magisterobenedettoxvi.blospot.com)

“Mostrate con la vostra testimonianza di vita che è possibile amare, come Cristo, senza riserve!”. È uno dei passaggi dell’omelia tenuta da Benedetto XVI nel grande Ippodromo di Zagabria, davanti a centinaia di migliaia di fedeli. Il Papa è stato in visita in Croazia nel weekend del 4 e 5 giugno: ha parlato molto di famiglia (domenica era la Giornata nazionale delle famiglie cattoliche croate), ma anche di Unione europea. In un momento cruciale per il Paese balcanico.

“Non cedete a quella mentalità secolarizzata che propone la convivenza come preparatoria o addirittura sostitutiva del matrimonio – ha detto il Pontefice. – Non bisogna aver timore di impegnarsi per un’altra persona. Care famiglie, gioite per la paternità e la maternità!” Il rischio, ha continuato papa Ratzinger, è che si riduca l’amore “a emozione sentimentale e a soddisfazione di pulsioni istintive, senza impegnarsi a costruire legami duraturi e senza apertura alla vita. Siamo chiamati a contrastare questa mentalità”. Immancabile il richiamo alla politica: servono “provvedimenti legislativi che sostengano le famiglie nel compito di generare ed educare i figli”, ha ricordato Benedetto XVI.

Durante la guerra, nel settembre 1994, papà Wojtyla celebrò una messa all'Ippodromo di Zagabria davanti a un milione di persone (balcanicaucaso.org)

Se queste parole non spostano di un centimetro le posizioni (rigidamente conservatrici) della Chiesa sulla famiglia, più interessanti sono le considerazioni sull’avvicinamento tra Zagabria e Bruxelles. Riflessioni non contenute nell’omelia, ma che dicono molto del significato della visita del Pontefice oltrefrontiera. “Alla vigilia della piena integrazione della Croazia nell’Unione Europea – ha spiegato il Papa – la storia passata e recente di questo Paese può costituire un motivo di riflessione per tutti gli altri popoli del Continente aiutando ciascuno di essi, e l’intera compagine, a conservare e a ravvivare l’inestimabile patrimonio comune di valori umani e cristiani”. L’ingresso in Europa, insomma, è “logico, giusto e necessario”, anche se restano criticabili “il forte centralismo burocratico e l’astratta cultura razionalista” delle istituzioni europee. Tradotto: è positivo che la Croazia entri nella Ue, ma a patto che quest’ultima sia sempre di più portatrice di valori cristiani, che sono le vere fondamenta – nell’ottica della Chiesa – dell’Europa stessa.

Ma a che punto è la procedura di adesione di Zagabria? Fonti diplomatiche sostengono che i negoziati potrebbero concludersi addirittura entro questa settimana: ottenuto l’ok della Commissione europea, la palla passerebbe al Consiglio europeo, ovvero ai 27 capi di Stato o di governo dei Paesi membri, che si riuniranno il 23 e il 24 giugno. Se anche da loro arrivasse la “luce verde”, la Croazia potrebbe entrare ufficialmente nell’Unione nel luglio 2013. Naturalmente non è detto che le cose vadano così: dei 35 capitoli negoziali affrontati da Zagabria e dai Commissari europei, ne restano aperti quattro, riguardanti “sistema giudiziario e diritti fondamentali”, “concorrenza”, “disposizioni finanziarie e di budget” e generiche “altre questioni”. Avere il via libera su questi temi significherebbe dire che il Paese ha già un ordinamento allineato ai principi fondamentali della Ue: ma anche se le cose dovessero dilungarsi, la strada verso Bruxelles sembra comunque spianata.

L’Europa in cui entrerà la Croazia sarà “più cristiana” di quella attuale? Difficile dirlo. Riferendosi ai Paesi con cui si è scontrata durante la guerra degli anni ‘90, il presidente Ivo Josipovic ha detto: “Basandosi sulle sue radici cristiane, la Croazia moderna vuole essere generosa nel perdonare i suoi vicini”. Su questo concetto di cristianità, almeno a parole, tutti sono d’accordo. Di fatto, Bruxelles e Zagabria sembrano più vicine di quanto lo siano oggi Bruxelles e Roma.

Fonti: ilsole24ore.it, TMNews, Adnkronos

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