C’è chi parla di primavera bosniaca, o di indignati di Sarajevo. Dieci giorni fa in città è iniziata una protesta su un tema complesso, i numeri di identificazione dei documenti d’identità, che hanno un impatto molto concreto sulla vita delle persone. Intensità e partecipazione delle manifestazioni davanti al parlamento sono aumentate col passare dei giorni, e fanno pensare che stia succedendo quello che è accaduto in Turchia: da un singolo problema, la distruzione di un parco, scaturisce una contestazione che ha ragioni più vaste e profonde.
Il problema bosniaco è che a febbraio la Corte costituzionale ha sospeso la legge sui nuovi numeri d’identificazione dei documenti, accogliendo un ricorso di Milorad Dodik, presidente della Repubblica Srpska, una delle due entità in cui è diviso il Paese. La sentenza ha bloccato l’assegnazione dei codici ai nuovi nati, e a cosa servano si capisce bene dal caso che ha fatto scoppiare la protesta: una neonata che aveva bisogno di farsi curare all’estero non poteva farlo perché senza il numero d’identificazione non poteva espatriare.
Da qui i presidi davanti al parlamento, con genitori e bambini in passeggino: all’inizio poche decine, poi migliaia, con tanti giovani, soprattutto studenti. L’assemblea nazionale è stata circondata, con l’obiettivo di non far entrare né uscire nessuno finché la questione non fosse risolta. I politici hanno cercato di metterci una toppa, approvando una legge che sanasse provvisoriamente il problema per 180 giorni. Una scelta che ha permesso alla bimba bisognosa di cure di andare all’estero, ma non ha frenato i contestatori, decisi a ottenere di più.
Cosa? Un provvedimento che risolva definitivamente il rebus dei numeri d’identificazione, ma anche la creazione di un fondo pubblico per le terapie dei malati gravi, fondo in cui si chiede ai parlamentari di versare il 30% dello stipendio. Richieste che ricordano davvero gli indignati di altre città, di altri Paesi, in una protesta che sembra già carica di simboli forti: quello scelto dai manifestanti, un ciuccio col pugno chiuso, ma anche il primo ministro che cerca di sfuggire all’assedio uscendo dalla finestra. La primavera meteorologica sta per finire, quella bosniaca forse è appena iniziata.