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La direttrice del Fondo monetario Christine Lagarde (foto International Monetary Fund, http://bit.ly/R7HqWA)

La direttrice del Fondo monetario Christine Lagarde (foto International Monetary Fund, http://bit.ly/R7HqWA)

Il Kosovo si avvicina all’Unione europea e ottiene un prestito dal Fondo monetario. “Come paese nato da poco, abbiamo bisogno di entrare nel pieno del consesso internazionale per finanziare progetti di sviluppo”, dice il ministro dell’economia. In effetti sembra che l’ex provincia serba stia facendo passi avanti verso nuovi riconoscimenti.

A fine aprile la commissione europea ha adottato una proposta di accordo di stabilizzazione e associazione con Pristina. Ora serve l’ok del consiglio Ue e del parlamento di Strasburgo, poi il testo potrà essere firmato, con l’obiettivo di entrare in vigore a inizio 2016. La mossa successiva dovrebbe essere la richiesta di adesione all’Unione, che però si scontra con il fatto che alcuni degli Stati membri non hanno mai accettato l’indipendenza kosovara.

Questa settimana Pristina ha ottenuto dal Fondo monetario un prestito di circa 185 milioni di euro che saranno versati in un paio d’anni. L’istituzione guidata da Christine Lagarde sembra fidarsi delle autorità balcaniche, e il governo lo sottolinea come prova di un crescente distacco dalla Serbia. Vanno ricordati, però, i crediti concessi dal Fondo che hanno strozzato i debitori, vedi Grecia. In questo senso è difficile pensare che l’accordo di questi giorni aumenti l’autonomia del Kosovo.

Il piccolo neo-Stato è l’unico dell’ex Jugoslavia che ancora non ha raggiunto un’intesa con la Ue per liberalizzare i visti, garantendo libertà di movimento ai suoi cittadini. La popolazione è povera e subisce la corruzione politica. Il rischio è che l’avvicinamento alle istituzioni internazionali sostenitrici del rigore aggiunga anche questo fardello sulle fragili spalle di Pristina.

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La sede del governo croato (foto C K Leung, http://bit.ly/RT9dL0)

La sede del governo croato a Zagabria (foto C K Leung, http://bit.ly/RT9dL0)

Il governo croato si avvia a cancellare debiti alla fascia più povera dei cittadini. Il primo ministro di centrosinistra Zoran Milanovic ha approvato un programma che prevede il condono delle cifre dovute per bollette e servizi pubblici, se il proprio reddito personale non supera i 130 euro al mese e quello familiare non va oltre i 330. Ogni persona potrà vedersi abbuonare una somma massima di 4500 euro.

I cittadini coinvolti sarebbero 60mila, e l’operazione dovrebbe costare alle casse pubbliche qualche decina di milioni. Inevitabile pensare che sia una mossa elettorale: è vero che le politiche saranno a fine 2015, ma il centrosinistra è fresco di sconfitta alle presidenziali, dove il suo candidato – il capo dello stato uscente – è stato battuto contro le aspettative. La misura sociale annunciata dal governo potrebbe aiutare a invertire la rotta.

Difficile dire cosa succederà da ora alla chiamata alle urne. Uno scoglio per Milanovic potrebbe essere il referendum che stanno organizzando i cittadini contrari alla privatizzazione delle autostrade. Il terreno più spinoso, però, sembra proprio quello della crisi economica. Il paese è in recessione da sei anni; nel 2015 potrebbe tornare a crescere, ma a tassi bassi. La disoccupazione ufficiale è vicina al 17%. In questa situazione il centrosinistra dovrà sfidare la destra della neo-presidente Grabar-Kitarovic e il movimento civico di Ivan Vilibor Sincic, terzo incomodo alle presidenziali di gennaio.

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Il complesso industriale di Trepča (foto Global.finland.fi, http://bit.ly/1m88Mqa)

Il complesso industriale di Trepča, nel nord del Kosovo (foto Global.finland.fi, http://bit.ly/1m88Mqa)

Una vicenda che riguarda direttamente la vita di migliaia di persone, ma che potrebbe avere ricadute ancora più ampie. Parliamo delle difficoltà del complesso minerario di Trepča, vicino a Mitrovica, nel nord del Kosovo. Il governo di Pristina aveva annunciato di volerne assumere il controllo, causando la dura reazione delle autorità serbe, che vogliono avere voce in capitolo sulla questione. Il passo indietro conseguente dei politici della (ex) provincia ribelle ha scatenato proteste dei lavoratori, che temono di perdere il posto.

Il sito oggetto della contesa dà occupazione a circa 4mila persone, 20mila compreso l’indotto. Se pensiamo che gli abitanti del Kosovo sono meno di due milioni, che la regione ha una delle economie più povere d’Europa e che nel 2014 ha visto emigrare almeno 30mila cittadini verso i paesi dell’Unione, si capisce quanto è importante il futuro delle miniere di Trepča. Il ministro delle finanze serbo dice che il complesso industriale ha debiti per 400 milioni di dollari. Al momento Belgrado ha in mano la maggioranza della società, che però opera in territorio kosovaro. Nelle scorse settimane Pristina ha detto di voler acquisire unilateralmente il 100% dell’azienda, ma dopo le proteste della Serbia ha sospeso l’operazione.

Tra i due litiganti ci sono i lavoratori. La scorsa settimana 250 di loro si sono rifiutati di tornare in superficie, chiedendo una soluzione positiva del problema. Dopo un paio di giorni la mobilitazione è stata “congelata” in attesa delle scelte dei due governi, che a febbraio si incontreranno a Bruxelles, in un nuovo round dei colloqui decollati un paio di anni fa. La vicenda di Trepča potrebbe avere un peso non marginale nei negoziati, in cui finora rimangono due punti fermi: la Serbia non riconosce l’indipendenza del Kosovo, e Pristina la ribadisce. Sul resto, però, le trattative sembrano aperte.

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Un tratto di autostrada in Croazia (foto vacation2, http://bit.ly/1kuY8rA=

Un tratto di autostrada in Croazia, direzione Spalato (foto vacation2, http://bit.ly/1kuY8rA)

La Croazia vende le autostrade. Per essere precisi, dovrebbe darle in concessione a un privato per un periodo di 30 o 50 anni. I motivi sarebbero le difficoltà dell’economia nazionale e quelle delle società che hanno gestito finora la rete. Il progetto del governo non piace né all’opposizione né ai sindacati, che vogliono un referendum.

Al momento le autostrade croate sono in mano alle aziende Hac e Arz, indebitate per 4 miliardi. Ai loro problemi finanziari si aggiungono quelli del Paese nel suo complesso, in recessione da sei anni. Da qui l’idea di privatizzare una delle infrastrutture più importanti, con un incasso possibile compreso tra i due miliardi e mezzo e i quattro miliardi. Finora hanno espresso interesse tre consorzi, e alla fine a spuntarla potrebbe essere un fondo pensionistico.

Il primo ministro di centrosinistra, Zoran Milanovic, assicura che il processo sarà seguito con la massima attenzione. Il timore è che chi si aggiudicherà la concessione curerà le autostrade peggio di come era stato fatto finora, puntando soprattutto a fare cassa (come è facile che un privato faccia). L’opposizione di centrodestra dice no, e lo stesso fanno i sindacati, che prevedono anche un aumento dei pedaggi. A ottobre dovrebbe essere avviata una raccolta firme per un referendum.

Tra poche settimane partiranno trattative dirette con i potenziali acquirenti. Un’alternativa potrebbe esserci, ed è il sistema delle vignette, in vigore in Slovenia dal 2008. In pratica si paga un ticket che permette di viaggiare una settimana, un mese o un anno, invece di saldare il conto ogni volta che si esce da un casello. L’ipotesi di una loro applicazione in Croazia era circolata alla fine dell’anno scorso.

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Angela Merkel e il primo ministro croato Milanovic. La cancelliera non era tra i leader europei che hanno partecipato alle celebrazioni per l'ingresso di Zagabria nella Ue (zimbio.com)

Angela Merkel e il primo ministro croato Milanovic. La cancelliera non era tra i leader europei presenti alle celebrazioni per l’ingresso di Zagabria nella Ue (zimbio.com)

Nuovo Paese, vecchie ricette. La Banca centrale europea chiede alla Croazia – da inizio luglio nell’Unione – di affrontare la crisi riformando sanità, pensioni, lavoro: “medicine” distribuite a piene mani in altri Stati, con risultati quantomeno discutibili. Va detto che Zagabria ha effettivamente grossi problemi da risolvere: corruzione, indebitamento, disoccupazione. E negli ultimi anni la situazione è peggiorata.

La Bce sembra avere un vocabolario molto ristretto. Una delle poche parole ammesse, e ripetute in continuazione, è “consolidamento”: mettere in sicurezza i conti, e farlo andando a toccare lo Stato sociale. Anche dalla Croazia Bruxelles si aspetta riforme di sanità e pensioni, oltre a un aumento della flessibilità nel mercato del lavoro: pazienza se la disoccupazione è vicina al 21%, al terzo posto tra i Paesi Ue dopo Spagna e Grecia. Più di metà dei croati under 25 è senza occupazione. Un quadro che offre decisamente poche certezze, soprattutto ai giovani. Per migliorare la situazione l’Europa propone più flessibilità, cioè ancora più incertezza.

Si diceva della corruzione, che ha colpito in modo pesante la politica, e del debito, cresciuto di molti punti sul pil negli ultimi anni. La percentuale, non lontana dal 60%, è di gran lunga inferiore a quella italiana: più che il debito pubblico a preoccupare sembra essere quello privato dei singoli cittadini, che prima dell’inizio della crisi sembrano aver vissuto sopra le loro possibilità, grazie a crediti ottenuti dalle banche. Ora che molti perdono – o hanno perso – il lavoro, diventa difficile restituire le somme ricevute.

Il quadro è fosco, ed è completato dal calo di consumi e investimenti dall’estero: rispettivamente -3 e -4% nel 2012. A fine 2013 il pil dovrebbe diminuire rispetto all’anno scorso, quando era sceso rispetto a quello prima. L’Unione europea, insomma, ha aperto le porte a un nuovo Paese in difficoltà. E cerca di “curarlo” come ha fatto con gli altri malati del continente.

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