Feeds:
Articoli
Commenti

Posts Tagged ‘dispersi’

Grande come l'Abruzzo, il Kosovo ha poco meno di 2 milioni di abitanti (foto MichelleWalz, http://bit.ly/1cQnChe)

Grande come l’Abruzzo, nel 2011 il Kosovo aveva circa un milione e 800mila abitanti (foto MichelleWalz, http://bit.ly/1cQnChe)

Tra passato e futuro. Il Kosovo deve fare i conti con una possibile nuova fossa comune, probabilmente legata agli orrori degli anni ’90. Questo mentre Pristina vede rasserenarsi le relazioni con Belgrado, e la (ex) provincia ribelle viene riconosciuta come indipendente da un fronte sempre più vasto.

La fossa è stata scoperta a Raska, in Serbia, vicino al confine kosovaro. Conterrebbe resti di vittime di etnia albanese del conflitto del 1998-99. Se non ci saranno sorprese, si tratta della sesta fossa portata alla luce dal 2000. La maggiore fu trovata un anno dopo vicino Belgrado: c’erano 800 corpi. Oggi i dispersi della guerra sono ancora oltre 1.700.

Le tragedie di quindici anni fa influenzano il presente dell’area, che però da qualche mese pare un po’ meno cupo. Questo grazie alla Serbia, che ha ammorbidito le sue posizioni, e ha concesso al Kosovo più autonomia. Belgrado però non riconosce ancora – e forse non lo farà mai – l’indipendenza di Pristina, accettata da 106 dei 193 Paesi Onu (e 23 dei 28 Stati dell’Unione europea).

Una piccola, ma importante legittimazione si è aggiunta nei giorni scorsi. Facebook ha deciso di permettere agli utenti di indicare il Kosovo come Paese d’appartenenza. 240mila persone lo hanno già fatto. Quando non potevano, magari sceglievano l’Albania. Quanto pesa il cambiamento? Magari meno del no di Russia e Cina, che difendono la linea serba. Ma l’azienda di Zuckerberg è comunque un colosso. E in qualche modo un’istituzione.

Read Full Post »

Marco Luchetta, Alessandro Ota e Dario D'Angelo

Mostar, 28 gennaio 1994. Marco Luchetta, Alessandro Ota e Dario D’Angelo sono in Bosnia per la Rai. Devono girare un servizio per il Tg1 sui “bambini senza nome”, nati dagli stupri etnici o figli di genitori dispersi in guerra. Hanno scoperto una cantina dove da mesi dormono decine di persone, tra cui molti bambini. Mentre sono ancora in strada, vengono colpiti da una granata: muoiono sul colpo. Con loro c’è uno dei bimbi del rifugio, Zlatko. I corpi dei tre inviati gli fanno da scudo. Oggi è ancora vivo.

Gli occhi di Zlatko, il bimbo che sopravvisse all'esplosione di 16 anni fa

Marco Luchetta, 42 anni, faceva il giornalista. Si era fatto conoscere alla “Gazzetta dello Sport”, poi era passato alla Rai regionale del Friuli-Venezia Giulia. I tg nazionali avevano visto comparire il suo volto con l’inizio della guerra nei Balcani. Alessandro Ota, 37 anni, faceva l’operatore. Era entrato alla Rai nel 1979, poi aveva partecipato alla realizzazione di film per il cinema e per la tv. Quando scoppiò la guerra, gli venne offerto un posto da giornalista nel tg sloveno: rifiutò per amore della telecamera. Dario D’Angelo, 47 anni, faceva l’assistente di ripresa televisiva. Prima di essere assunto in Rai aveva lavorato in fabbrica: si era diplomato come perito in telecomunicazioni studiando alle scuole serali. Tutti e tre erano nati in provincia di Trieste. Tutti e tre persero la vita esattamente sedici anni fa.

Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, uccisi pochi mesi dopo la strage di Mostar

Nei mesi successivi alla tragedia si è indagato per chiarire se l’esplosione fosse stata una disgrazia oppure un attentato per eliminare dei testimoni scomodi, ma l’inchiesta è stata archiviata. “L’unica conclusione – ha detto nel 2004 Daniela Schifani, moglie di Luchetta – è che sono stati vittima di un bombardamento, e quella zona era bombardata spessissimo. Sicuramente chi ha lanciato la granata sapeva che c’era la stampa: per arrivare là Marco, Alessandro e Dario avevano attraversato vari check-point con un blindato Onu”.

Dopo la morte dei tre inviati è nata una onlus intitolata a loro e a Miran Hrovatin, operatore triestino ucciso in Somalia il 20 marzo 1994 insieme alla giornalista del Tg3 Ilaria Alpi. La Fondazione Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin aiuta i bambini che vivono in zone di conflitto e sono affetti da gravi forme tumorali o necessitano di un intervento chirurgico non fattibile in patria. Insieme alle loro famiglie, i piccoli vengono ospitati e curati in Italia, dove sono portati a spese della Fondazione. “Nessun bambino deve più morire per una guerra”: e se a dirlo è Zlatko, il sopravvissuto del 28 gennaio 1994, crederci diventa davvero un dovere.

Read Full Post »