Posted in Storie, tagged alpi, archiviazione, assistente di ripresa tv, attentato, bambini, blindato, bombardamento, bosnia, check-point, d'angelo, disgrazia, dispersi, fabbrica, famiglia, film, friuli venezia giulia, gazzetta dello sport, giornalista, granata, hrovatin, inchiesta, indagini, intervento chirurgico, luchetta, mostar, onu, operatore, ota, perito in telecomunicazioni, rai, schifani, scudo, scuole serali, slovenia, somalia, spese, stupri, telecamera, testimoni, tg1, tg3, trieste, tumori, zlatko on gennaio 28, 2010|
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Marco Luchetta, Alessandro Ota e Dario D'Angelo
Mostar, 28 gennaio 1994. Marco Luchetta, Alessandro Ota e Dario D’Angelo sono in Bosnia per la Rai. Devono girare un servizio per il Tg1 sui “bambini senza nome”, nati dagli stupri etnici o figli di genitori dispersi in guerra. Hanno scoperto una cantina dove da mesi dormono decine di persone, tra cui molti bambini. Mentre sono ancora in strada, vengono colpiti da una granata: muoiono sul colpo. Con loro c’è uno dei bimbi del rifugio, Zlatko. I corpi dei tre inviati gli fanno da scudo. Oggi è ancora vivo.

Gli occhi di Zlatko, il bimbo che sopravvisse all'esplosione di 16 anni fa
Marco Luchetta, 42 anni, faceva il giornalista. Si era fatto conoscere alla “Gazzetta dello Sport”, poi era passato alla Rai regionale del Friuli-Venezia Giulia. I tg nazionali avevano visto comparire il suo volto con l’inizio della guerra nei Balcani. Alessandro Ota, 37 anni, faceva l’operatore. Era entrato alla Rai nel 1979, poi aveva partecipato alla realizzazione di film per il cinema e per la tv. Quando scoppiò la guerra, gli venne offerto un posto da giornalista nel tg sloveno: rifiutò per amore della telecamera. Dario D’Angelo, 47 anni, faceva l’assistente di ripresa televisiva. Prima di essere assunto in Rai aveva lavorato in fabbrica: si era diplomato come perito in telecomunicazioni studiando alle scuole serali. Tutti e tre erano nati in provincia di Trieste. Tutti e tre persero la vita esattamente sedici anni fa.

Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, uccisi pochi mesi dopo la strage di Mostar
Nei mesi successivi alla tragedia si è indagato per chiarire se l’esplosione fosse stata una disgrazia oppure un attentato per eliminare dei testimoni scomodi, ma l’inchiesta è stata archiviata. “L’unica conclusione – ha detto nel 2004 Daniela Schifani, moglie di Luchetta – è che sono stati vittima di un bombardamento, e quella zona era bombardata spessissimo. Sicuramente chi ha lanciato la granata sapeva che c’era la stampa: per arrivare là Marco, Alessandro e Dario avevano attraversato vari check-point con un blindato Onu”.
Dopo la morte dei tre inviati è nata una onlus intitolata a loro e a Miran Hrovatin, operatore triestino ucciso in Somalia il 20 marzo 1994 insieme alla giornalista del Tg3 Ilaria Alpi. La Fondazione Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin aiuta i bambini che vivono in zone di conflitto e sono affetti da gravi forme tumorali o necessitano di un intervento chirurgico non fattibile in patria. Insieme alle loro famiglie, i piccoli vengono ospitati e curati in Italia, dove sono portati a spese della Fondazione. “Nessun bambino deve più morire per una guerra”: e se a dirlo è Zlatko, il sopravvissuto del 28 gennaio 1994, crederci diventa davvero un dovere.
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