“Quando Dio è sceso in Terra, ha incontrato i gitani. E ha preso il primo volo per tornare indietro”. E’ una delle frasi pronunciate dai protagonisti de Il tempo dei gitani, meraviglioso film di Emir Kusturica del 1988. La pellicola racconta le peripezie di Perhan, un giovane gitano che lascia i Balcani e si ritrova catapultato in Italia, finendo incastrato in situazioni assurde, dolorose e ben oltre il limite della criminalità.
Lungo più di due ore (ma l’edizione originale, destinata alla tv, durava più del doppio), il film è un romanzo di formazione, la storia di un ragazzo innamorato che scopre sulla sua pelle la brutalità del mondo che lo circonda. Il traffico in cui rimane invischiato riguarda gli esseri umani: bambini, disabili, persone le cui debolezze vengono sfruttate per lucrarci sopra senza pietà. La bellezza dell’opera di Kusturica, però, più che nella trama sta nel messaggio che le è sottinteso, nella spettacolare follia che guida le azioni dei personaggi. Il talento visionario del regista serbo emerge con una poesia memorabile, superata solo da quella di Underground, che Emir girerà sette anni dopo. Non è un caso se entrambi i film sono stati premiati a Cannes: il primo per la miglior regia, il più recente – capolavoro assoluto di Kusturica – come miglior pellicola.

Emir Kusturica, 56 anni, è stato premiato sia al Festival di Cannes che a quello di Venezia (vivacinema.it)
Il tempo dei gitani è il primo incontro cinematografico tra Kusturica e Bregovic, che firma musiche trascinanti e piene di magia. La colonna sonora è meno conosciuta rispetto a quella del già citato Underground, ma non le è assolutamente da meno. Le melodie più belle sono quelle lente, sognanti, che assumono addirittura toni epici nella commovente Ederlezi. Accanto ai pezzi di Bregovic, ciò che si ricorda di più del film è l’atmosfera surreale che lo pervade: un “marchio di fabbrica” prevedibile in Kusturica, ma che – diversamente da altri suoi film, primo fra tutti La vita è un miracolo (2004) – in questo caso non è mai scontato, perché non è stravaganza fine a se stessa, ma pazzia che serve a raccontare e incantare. Se dovessimo salvare un solo film di Kusturica, sarebbe sicuramente Underground; ma se dovessimo scegliere il più magico, il più delicato, il più soave, indicheremmo Il tempo dei gitani – difficile da vedere per chi non ama Kusturica, fantastico per chi lo adora, e magari è un po’ deluso dalle sue opere più recenti.
Fonti: Wikipedia, mymovies.it