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Ganic con Margaret Thatcher. All'inizio pareva fosse stata lei a pagare la cauzione che lo ha liberato

Sarajevo, 3 maggio 1992. Il presidente bosniaco Alija Izetbegovic è ostaggio dei militari di Belgrado. Il generale serbo Milutin Kukanjac è prigioniero dei soldati musulmani. Le due parti si accordano per uno scambio, ma l’intesa non viene comunicata ad Ejup Ganic, responsabile delle forze armate della Bosnia-Erzegovina. I suoi uomini sparano sul contingente di Kukanjac, che era segregato in caserma insieme all’ufficiale. Izetbegovic viene comunque liberato. Tornato a palazzo, grida furente: “Era veramente necessario farmi quasi uccidere, per saccheggiare quaranta fucili?”.

Per questi fatti Ejup Ganic, membro musulmano della Presidenza collettiva bosniaca durante il conflitto, è stato arrestato pochi giorni fa a Londra, su richiesta del governo serbo. Il politico è stato però rilasciato oggi dall’Alta Corte della capitale inglese. A pagare la cauzione di 300 mila sterline (circa 350 mila euro) è stata Diana Jenkins, moglie di uno dei più influenti banchieri londinesi, nata a Sarajevo e scappata da lì durante la guerra. Pur non avendo mai conosciuto Ganic, la donna ha definito “uno scandalo” la sua carcerazione, che gli impediva di poter “contrastare queste accuse ridicole da uomo libero”. L’ex leader balcanico dovrà comunque restare sul territorio britannico, finché i giudici non si saranno pronunciati sulla richiesta di estradizione presentata da Serbia e Bosnia.

Diana Jenkins, ex profuga bosniaca, ha pagato 350 mila euro per far rilasciare Ganic

Nel 2003 il Tribunale internazionale per l’ex Jugoslavia aveva esaminato il “fascicolo Ganic”, senza trovare elementi di responsabilità penale a suo carico. Durante il conflitto, il politico fu accusato anche di aver imposto il proprio controllo sugli aiuti umanitari che arrivavano in città, immagazzinandoli in località segrete e rivendendoli a caro prezzo alla popolazione. Ora la presidenza bosniaca è spaccata: per il membro musulmano Haris Silajdzic “si vuole processare la resistenza all’aggressione di Belgrado”, per l’esponente serbo Nebojsa Radmanovic lo stesso Silajdzic “privatizza lo Stato per sostenere Ganic”. Ancora una volta, una controversia riguardante la guerra divide gli organi di governo di Sarajevo, frantumati in tre dagli accordi di Dayton. Forse la tripartizione del Paese tra croati, serbi e musulmani non fu, come la definì Ganic, la “legalizzazione del genocidio”. Sicuramente, però, ha creato un vero caos istituzionale, che appare in tutta la sua gravità quando riemergono le tragedie degli anni ’90.

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Diana Jenkins, 36 anni. Il suo vero nome è Sanela Catic

“Da profuga bosniaca a protagonista dell’alta finanza”. Repubblica riassume così la storia di Diana Jenkins, 36 anni, moglie del banchiere londinese Riger Jenkins, scappata a piedi da Sarajevo durante la guerra. Diana ha perso un fratello nel conflitto jugoslavo, da cui è fuggita in Croazia e da lì in Inghilterra: qui ha fatto la sguattera e la cameriera, prima di incontrare l’uomo d’affari che sarebbe diventato suo marito.

“Non fu bello, ma non sono ancora pronta per raccontare come andò”, dice oggi la Jenkins, vero nome Sanela Catic, sulla fuga dalla Bosnia. “A Londra parlavo a malapena la lingua. Mi aggiravo per le strade in cerca di qualcosa da mangiare. Pensavo solo a sopravvivere. Certe settimane mangiavo solo una tavoletta di Toblerone”. La vita di Diana cambia quando, trovato un lavoro, si iscrive in una palestra alla moda. Lì conosce Riger Jenkins, pezzo grosso di Barclays, una delle maggiori banche d’Europa. I due si innamorano e si sposano.

Diana Jenkins con lo stilista Roberto Cavalli

Durante una vacanza in Costa Smeralda, la Jenkins diventa amica della moglie dello sceicco del Qatar. L’affiatamento produce i suoi frutti: Diana convince l’emiro a investire nella banca del marito, in piena crisi finanziaria. Gli 8 milioni che arrivano dall’Arabia salvano la Barclays e fanno diventare Riger Jenkins il più ricco banchiere di Londra. Nel frattempo Diana fonda la Irnis Catic Foundation, intitolata al fratello scomparso, per sovvenzionare le attrezzature mediche dell’Università di Sarajevo.

Qualcosa però sta per rompersi. La Jenkins non si trova bene nell’alta società londinese, che sembra snobbarla. “Mi fanno sentire inutile, vuota, perfino sporca”, dichiara qualche settimana fa. “Come se fossi stata scelta da mio marito su un catalogo di ragazze dell’est”. Alle parole seguono i fatti: Diana scappa a Los Angeles, in California, insieme al marito e ai due figli. Lì si dedicherà alla Sanela Diana Jenkins International Justice Clinic, che ha fondato per dare appoggio legale e politico al programma per i diritti umani dell’Università della California. Nel tempo libero frequenterà i suoi amici vip, da George Clooney a Elton John. Un “lieto fine” americano per una vicenda straordinaria, che può riservarci ancora molte sorprese.

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