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Branislav Milinkovic aveva 52 anni. Era ambasciatore alla Nato dal 2009 (nld.com.vn)

Branislav Milinkovic aveva 52 anni. Era ambasciatore alla Nato dal 2009 (nld.com.vn)

Un salto nel vuoto difficile da spiegare. Pochi giorni fa l’ambasciatore serbo alla Nato, Branislav Milinkovic, è morto all’aeroporto di Bruxelles. È caduto da un piano all’altro di un parcheggio, dove era con dei colleghi. La procura della città ha dichiarato chiuse le indagini praticamente subito, parlando di evidente suicidio. Di cui però non si conoscono i motivi.

La vittima aveva 52 anni. Già attivo sui temi di politica estera negli anni ’80, nel decennio successivo si era schierato con l’opposizione, quando al potere c’era Milosevic. Solo dopo la fine della sua era, nel 2000, era stato nominatore ambasciatore all’Osce, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa. Quattro anni dopo è diventato inviato speciale alla Nato, dove dal 2009 è diventato ambasciatore.

La sera del 4 dicembre era all’aeroporto di Bruxelles per accogliere una delegazione proveniente dalla Serbia. Improvvisamente si sarebbe lanciato di sotto, senza una ragione apparente. Nessuna delle persone che lo conoscevano, e che hanno parlato con i giornalisti, dice di aver notato segni di depressione negli ultimi tempi. Qualcuno ha azzardato l’ipotesi del disagio per la vita lontano dalla moglie, funzionaria dell’ambasciata serba a Vienna. Nient’altro. Come ha detto un diplomatico di Belgrado al quotidiano serbo Kurir, “è possibile che fosse caduto in depressione e che nessuno se ne sia accorto”. La chiusura delle indagini pare non lasciare spazio a novità sulle modalità della morte. Ma sui motivi sembrano esserci ancora molte cose da scoprire.

FONTI: Ansa, Secolo XIX, Lettera 43

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Il massacratore Ratko Mladic. Gli Stati Uniti offrono una taglia di 5 milioni di dollari per la sua cattura

“E’ morto”. “No, è vivo e fa il professore in una delle repubbliche dell’ex Unione Sovietica”. “Macchè: si trova ancora in Serbia”. Una sola cosa è certa: Ratko Mladic continua a essere latitante. Ricercato dal Tribunale penale internazionale (Tpi) per l’ex Jugoslavia, è accusato per la strage di Srebrenica, l’enclave bosniaca dove nel luglio 1995 vennero sterminati 8 mila musulmani. Nei giorni scorsi la sua famiglia ha chiesto che venga dichiarato morto: la moglie Bosa vuole mettere le mani sulle sue proprietà e sulla sua pensione da generale. Ma poche ore dopo, da Belgrado è arrivata una rivelazione clamorosa.

“Mladic è vivo, sta bene e lavora come docente in una Accademia militare di uno Stato dell’ex Urss”. Parola di Ratko Vucetic: alla testata serba Kurir, che lo definisce “uno dei protettori” del massacratore, ha confidato che quest’ultimo “da cinque anni insegna Armamenti nucleari. Nel Paese lo sanno tutti, ma nessuno può fare nulla, perché a proteggerlo ci sono i servizi segreti francesi”. Di sicuro Mladic non sembrava morto nel video diffuso un anno fa da una tv bosniaca, che lo datava al 2008: il generale rideva e ballava a una festa di battesimo. Per Carla Dal Ponte, ex procuratore capo del Tpi, il ricercato non si sarebbe mai mosso dalla Serbia. E il suo successore Serge Brammertz sembra pensarla allo stesso modo.

“I familiari di Mladic sanno benissimo che è vivo. Non risponderemo nemmeno a questa presa in giro”, dice Rasim Ljajic, responsabile serbo dei rapporti col Tpi. “A prescindere da qualunque evoluzione, la ricerca del latitante continuerà”, gli fa eco il primo ministro Mirko Cvetkovic. Non stupisce che il governo di Belgrado si affretti a rassicurare la comunità internazionale: la cattura di Mladic è praticamente l’ultimo ostacolo sulla strada che porta all’ingresso nell’Unione europea.

Mladic nel 1995 con la moglie, che oggi lo vuole ufficialmente morto per accedere alle sue proprietà e alla sua pensione

Nel frattempo l’altro boia di Srebrenica, l’ex leader dei serbi di Bosnia Radovan Karadzic, sta venendo processato a L’Aja. Il tribunale ha rigettato la sua richiesta di interrompere le udienze per un mese per analizzare i diari del sodale Mladic, sequestrati a febbraio dalle autorità di Belgrado proprio a casa della moglie del generale. Karadzic vuole rallentare il più possibile il procedimento, consapevole che il mandato dei giudici internazionali scadrà all’inizio del 2012. Se i magistrati vogliono arrivare a un verdetto dovranno agire in fretta. E lo stesso dovrà fare la Serbia per trovare Mladic. Vivo o morto che sia.

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