“Bella la vita dentro un catino
bersaglio mobile d’ogni cecchino
bella la vita a Sarajevo città
questa è la favola della viltà…”
(CSI, Cupe vampe, 1996)
In Italia si parla di ex Jugoslavia soprattutto in riferimento ai conflitti dello scorso decennio. E la musica non fa eccezione. Se si vanno a cercare le canzoni che trattano in qualche modo tematiche “balcaniche”, è facile imbattersi in testi che toccano l’argomento bellico. Ma nonostante tutto, c’è qualche sorpresa. E sicuramente ci stiamo dimenticando di altri pezzi, magari meno conosciuti, che guardano oltre Adriatico senza occuparsi di guerra.
Non che parlare delle violenze degli anni ’90 sia per forza un male, ovviamente. Cupe vampe, ad esempio, è una canzone importante, scritta 14 anni fa da Giovanni Lindo Ferretti. Il leader dei CCCP (poi CSI) racconta l’assedio di Sarajevo e in particolare il rogo della Biblioteca Nazionale. I “criminali serbi” (così recita la targa posta oggi al suo ingresso) bruciarono oltre 2 milioni di libri. Uno scempio che va ricordato: un orrore simile a quello della distruzione del ponte di Mostar, inutile ai fini strategici, ma devastante dal punto di vista simbolico.
Fa piacere, però, che altri musicisti siano… andati nei Balcani pensando a temi diversi. E’ il caso dei Litfiba, tornati insieme pochi mesi fa dopo dieci anni di separazione. Ben prima della guerra, nel 1985, furono loro a scrivere la suggestiva Tziganata: un insolito inno gitano dal ritmo forsennato e dal testo essenziale, che ripete insistentemente una sola immagine, quella di una ragazza sensuale che balla intorno al fuoco. Nove anni dopo il gruppo fiorentino dette alla luce Lacio drom (“buon viaggio” in lingua rom), tuttora uno dei pezzi più amati dai fans. “Ti porterò nei posti dove c’è del buon vino, e festa, festa, fino al mattino”… un inno alla voglia di vivere e alla libertà che restituisce un’atmosfera di gioia e condivisione tipicamente balcaniche.
Di tenore differente, ma comunque brillante, la Primavera a Sarajevo che Enrico Ruggeri porta a Sanremo nel 2002. La ballata del cantautore milanese parla della guerra, ma lo fa per sottolineare come la popolazione sia riuscita a continuare a vivere dopo le violenze. Il ritmo del pezzo è sostenuto, sognante, e fa pensare alla capitale bosniaca come a un luogo di rinascita dopo le tragedie del passato. Non finisce qui: anche i Modena City Ramblers hanno dedicato più di una canzone ai Balcani, e chissà quanti altre, di altri gruppi, sono state dimenticate nel corso degli anni. Una cosa è certa: anche in musica, anche in Italia, si può parlare di ex Jugoslavia senza “chiudersi” nel pietismo sui conflitti degli anni ’90.