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Posts Tagged ‘paolini’

“La scelta” è patrocinato da Amnesty Italia e dal Segretariato sociale Rai (balcanicaucaso.org)

Un autista che rischia la vita per salvare i suoi passeggeri. Un altro uomo che fa lo stesso per aiutare una perfetta sconosciuta. Un altro ancora che lo fa per il suo migliore amico. Sono alcune delle storie de “La scelta”, spettacolo teatrale portato in giro per l’Italia da Marco Cortesi e Mara Moschini. La scelta è quella di chi ha messo in gioco se stesso per aiutare gli altri, e lo ha fatto in un contesto terribile: la guerra jugoslava degli anni ’90.

Le vicende (vere) arrivano da Svetlana Broz, nipote del maresciallo Tito e cardiologa, che durante il conflitto prestò servizio medico volontario ai feriti. In mezzo a chi le raccontava cose atroci, Svetlana si accorse che c’erano anche – ed erano tante – persone che le riportavano storie positive, bellissime, esempi di umanità in mezzo alla violenza. Quelle decine di storie sono finite nel libro I giusti nel tempo del male (Edizioni Erickson), e alcune di esse sono state riprese dai due attori e trasformate in teatro.

I loro racconti fanno emozionare, e restano impressi. Due su tutti: il primo, che parla dell’autista (serbo) di un camion carico di musulmani in fuga da Srebrenica, nei giorni del massacro. I soldati suoi connazionali cercano di fermarlo, di convincere i passeggeri a scendere per ucciderli, ma lui resiste, sfonda i posti di blocco e riesce a portarli in salvo. L’altra storia che non può non commuovere ha come protagonista proprio un soldato, che potrebbe (e dovrebbe, secondo gli “ordini”) uccidere chi non appartiene alla sua stessa “etnia”. Durante un controllo su un autobus scopre che una persona ha una carta d’identità falsa, così come la sua nazionalità, ma invece di farla scendere e assassinarla tace, fa finta di niente. Se i suoi capi se ne fossero accorti, lo avrebbero ucciso.

Marco Cortesi è bravo, molto bravo, e ricorda un po’ – analogia banale, ma giusto per dare l’idea – i “celebri” Marco Paolini e Ascanio Celestini. Parole, parole, parole e una grande abilità nel disegnare immagini chiarissime nella mente di chi ascolta. Mara Moschini non è da meno: entra in scena dopo Marco e pian piano se la prende, arrivando a far commuovere e immedesimare. Vale la pena vederli e sentirli, senza dubbio. Il calendario dei prossimi spettacoli lo trovate qui.

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Il soldato Valery Melis, morto di tumore nel 2004 dopo la missione in Kosovo (qn.quotidiano.net)

“Cos’è l’uranio impoverito? È una scoria nucleare. Un sottoprodotto di scarto delle centrali nucleari che viene utilizzato per rafforzare gli armamenti. Molto più economico del tungsteno, facilita due cose: rende più efficienti le armi e aiuta a disperdere delle scorie che altrimenti non si saprebbe dove andare a nascondere. Insomma, si sono inventati un modo per risparmiare e contemporaneamente per perfezionare il grande mostro bellico”.

(Giulia Di Pietro, dal libro di Falco Accame Uranio impoverito. La verità)

L’Esercito italiano sapeva della presenza di uranio impoverito nei Balcani. E non ha fatto nulla né per informare del pericolo i soldati, né per proteggere la loro salute. Lo dice la sentenza con cui il Tribunale civile di Cagliari ha condannato il ministero della Difesa a risarcire con 584mila euro i familiari di Valery Melis, il militare di Quartu Sant’Elena (Cagliari) morto il 4 febbraio 2004 a causa di un tumore contratto nell’autunno del ’99, al termine della sua partecipazione alla missione in Kosovo.

“Deve ritenersi – scrive il giudice Vincenzo Amato – che il linfoma di Hodgkin sia stato contratto dal giovane Valery Melis (scomparso a 27 anni, ndr) proprio a causa dell’esposizione ad agenti chimici e fisici potenzialmente nocivi durante il servizio militare nei Balcani. […] I detriti reperiti nel suo organismo hanno ben più che attendibilmente causato alterazioni gravi alle cellule del sistema immunitario come rilevato con frequenza di gran lunga superiore della media per i militari rientrati dai Balcani”.

Quella di Cagliari non è la prima sentenza di questo tipo. Il 17 dicembre 2008 il Tribunale civile di Firenze aveva condannato il ministero della Difesa a risarcire con 545mila euro il paracadutista Gianbattista Marica, rientrato da una missione in Somalia (e a sua volta ucciso da un linfoma il 10 marzo 2009). Nel gennaio 2010 il Tribunale civile di Roma ha stimato in 656mila euro il risarcimento dovuto ai familiari di Salvatore Vacca, morto di leucemia a 23 anni, pochi mesi dopo esser tornato dalla Bosnia.

Proprio a inizio 2010 il ministro della Difesa Ignazio La Russa ribadiva che “le Forze armate non impiegano, né hanno mai impiegato, munizionamento contenente uranio impoverito”, ma ammetteva che al 31 dicembre 2009 risultavano 594 tumori tra il personale impiegato tra Balcani, Iraq, Libano e Afghanistan. Secondo fonti Onu, durante i bombardamenti del ’99 su Serbia, Montenegro e Kosovo furono riversate oltre 8 tonnellate di uranio impoverito. Una tragedia nella tragedia, su cui oggi – a 12 anni di distanza – rimangono troppe zone d’ombra.

Fonti: corriere.it, repubblica.it, mainfatti.it, Osservatorio Balcani e Caucaso

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