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Posts Tagged ‘paramilitari’

Sarebbero mille i trafficanti balcanici sparsi tra Europa e Sudamerica

Milano, 26 febbraio 2008. I poliziotti della Squadra Mobile trovano 90 chili di cocaina in una casa di via Washington. Padova, 22 giugno 2009. I carabinieri fermano un tir che trasporta 420 chili di coca. Livorno, 5 settembre 2009. Nel parcheggio di un supermercato viene perquisita un’auto con dentro 14 chili di cocaina. I tre sequestri hanno un denominatore comune: coinvolgono tutti persone provenienti dall’ex Jugoslavia.

La mafia balcanica è la nuova potenza nel traffico di coca tra Europa e Sudamerica. Serbi, sloveni, montenegrini fanno da intermediari tra i “fornitori” colombiani, uruguayani e argentini e i compratori del vecchio continente. Servendosi dei trafficanti slavi, gli acquirenti europei evitano di versare anticipi ai produttori sudamericani e di rischiare di perdere la merce durante il trasporto. La droga può fare scalo in Africa oppure arrivare direttamente nei Balcani, per poi essere venduta alla criminalità organizzata italiana, austriaca, tedesca, spagnola, inglese.

Un sequestro di cocaina da parte dei carabinieri

Dragan Gacesa, capo della cellula milanese di via Washington, è stato arrestato nello scorso gennaio in Toscana. A Tirrenia, in provincia di Pisa, si trova il “deposito” in cui era stoccata buona parte della coca: una villetta sul mare. I carabinieri hanno sequestrato 530 chili di droga alla banda criminale, che vendeva solo all’ingrosso e aveva posizionato i suoi magazzini vicino ai porti di arrivo dei carichi (Livorno, La Spezia), ma lontano dai luoghi di vendita. Una strategia che probabilmente viene adottata da molti altri in Italia e in Europa.

I trafficanti balcanici spesso hanno un passato nei servizi segreti o nei gruppi paramilitari che agivano durante la guerra, come le Tigri di Arkan. La disciplina che si danno è da soldati professionisti: durante il “lavoro” non consumano droga, non bevono, non frequentano donne. La loro storia è stata raccontata sul Corriere della Sera da Gianni Santucci. I loro crimini sembrano destinati a riempire sempre di più le pagine dei giornali.

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Sinisa Mihajlovic ha allenato il Bologna nella scorsa stagione

Il Corriere dello Sport lo definisce “il generale serbo”. Il suo soprannome più conosciuto è la “tigre”. Sinisa Mihajlovic, 40 anni, da qualche giorno è l’allenatore del Catania. Appena arrivato in Sicilia, l’ex difensore di Lazio e Sampdoria ha rilasciato dichiarazioni ad effetto: “Voglio una squadra coraggiosa. Nessuno deve avere paura. I giocatori devono fare quello che dico io. Altrimenti sono cazzi loro”.

I toni bassi non sono mai stati una prerogativa di Mihajlovic. Nel gennaio 2000 fa pubblicare un necrologio in occasione della morte di Arkan, comandante delle truppe paramilitari serbe durante la guerra, accusato di genocidio e crimini contro l’umanità. “Era un amico vero”, dice in seguito. “E’ stato un eroe per il nostro popolo”. Conciliante anche il suo giudizio sull’ex presidente Slobodan Milosevic, morto mentre era sotto processo al Tribunale internazionale per l’ex Jugoslavia. “So dei crimini che gli vengono attribuiti”, spiega Sinisa, “ma quando la Serbia viene attaccata, io difendo il mio popolo e chi la rappresenta”.

2003: Mihajlovic sputa a Mutu. Sarà squalificato per 8 giornate

L’appartenenza etnica è sempre in cima alla sua scala di valori. Nell’ottobre 2000 viene punito dalla Uefa per gli insulti razzisti al centrocampista dell’Arsenal Patrick Vieira. “Gli ho detto ‘nero di merda’, è vero”, ammette, “ma non era un’offesa razzista. Non è colpa mia se lui è nero. Nel calcio queste cose sono normali”. Il meglio però deve ancora venire. Nel novembre 2003, durante un match contro il Chelsea, il difensore serbo sputa ad Adrian Mutu e lo calpesta mentre è a terra. Una volta espulso, completa l’opera lanciando una bottiglietta contro il delegato Uefa. Risultato: 8 giornate di squalifica e una multa di 13 mila euro.

Da giocatore la specialità di Mihajlovic erano i calci di punizione. Da allenatore continua a tirare “bombe”. L’anno scorso il tecnico Walter Zenga aveva abituato Catania a conferenze infuocate. Ora la storia dovrebbe ripetersi. I risultati sul campo sono da verificare. Quelli in sala stampa sono assicurati.

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Il presidente serbo Tadic in visita a Roma lo scorso novembre

La Serbia potrebbe entrare nell’Unione europea. La strada che porta da Belgrado a Bruxelles, finora costellata di incidenti, oggi pare essere più agevole. I ministri degli Esteri dell’area Ue hanno approvato la liberalizzazione dei visti e un accordo di libero scambio con il Paese guidato da Boris Tadic: un disgelo che interrompe l’isolamento seguito alle guerre balcaniche. La svolta è merito soprattutto dell’Olanda, anche se l’Italia rivendica il ruolo svolto nelle trattative.

Il problema che fino a oggi ha ostacolato il cammino europeo della Serbia è la ricerca dei criminali di guerra degli anni ‘90. Le istituzioni comunitarie si aspettano collaborazione da Belgrado per trovare Goran Hadzic, ex capo militare dei serbi di Croazia, e Ratko Mladic, ex comandante dei serbi di Bosnia. Il primo è accusato di aver deportato e ucciso migliaia di persone. Sul secondo pende l’imputazione di genocidio per la strage di Srebrenica del luglio 1995. Nel massacro di 8.000 bosniaci musulmani sarebbe coinvolto anche Radovan Karadzic, ex presidente della Repubblica serba di Bosnia, arrestato nel 2008 e ora sotto processo a L’Aja, sede del Tribunale internazionale per l’ex Jugoslavia e del governo olandese.

Ratko Mladic e Radovan Karadzic, accusati di genocidio e crimini di guerra

I Paesi Bassi hanno sempre frenato l’avvicinamento della Serbia alla Ue, chiedendole un maggior impegno nelle indagini sui latitanti. Ora però l’esecutivo di Jan Peter Balkenende ha cambiato strategia, dando il via libera alla “distensione” promossa da Bruxelles. Un’apertura che dovrebbe stimolare Tadic a stringere i tempi, contribuendo alla cattura di Hadzic e Mladic entro i primi mesi del 2012, quando scadrà il mandato dei giudici de L’Aja.

Secondo Franco Frattini, la Serbia potrebbe presentare la domanda di adesione all’Unione già entro Natale. L’Italia, dice il ministro degli Esteri, “è stata leader” nei negoziati che hanno portato al “tanto atteso e auspicato” passo avanti di Belgrado. Se può contare sull’appoggio del nostro Paese, Tadic deve però fare i conti con l’ opposizione della Bosnia, che pretende le scuse ufficiali per l’eccidio di Srebrenica. Il percorso dai Balcani a Bruxelles, insomma, è ancora lungo. Anche se da oggi sembra un po’ meno impegnativo.

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