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Mitrovica, Kosovo nord: manifestazione serba contro l'accordo di Bruxelles (osservatorioitaliano.org)

Mitrovica, Kosovo nord: manifestazione serba contro l’accordo di Bruxelles (osservatorioitaliano.org)

La svolta sembra esserci stata. Alcuni giorni fa a Bruxelles le autorità di Belgrado e Pristina hanno trovato un accordo per “normalizzare” i loro rapporti, e avvicinare i rispettivi obiettivi. La Serbia punta a entrare nell’Unione europea, in particolare a ottenere una data per l’avvio dei negoziati. Il Kosovo vuole percorrere la stessa strada, anche se servirà più tempo, e cerca un riconoscimento sempre maggiore sul piano internazionale.

L’intesa raggiunta concede autonomia alle municipalità kosovare del nord, a maggioranza serba; in cambio Belgrado smantella le sue strutture di polizia nella regione, ma mantiene un suo uomo a capo del comando comune di quelle municipalità. Il primo ministro di Pristina sostiene che l’accordo sancisce il riconoscimento dell’indipendenza dichiarata unilateralmente nel 2008; il governo serbo smentisce, e sottolinea di aver ottenuto che nel testo non si parlasse di una possibile adesione del Kosovo all’Onu.

Interpretato diversamente dalle due parti, forse distorto a scopi elettorali o comunque di consenso popolare, l’accordo dei giorni scorsi pare davvero un passo avanti importante. La Slovenia è già nella Ue, la Croazia entrerà a luglio, e la Serbia ora sembra aver rimosso un ostacolo preoccupante. Le autorità di Belgrado parlano di possibile referendum sull’intesa, e l’annuncio di una consultazione arriva anche dal Kosovo a maggioranza serba, dove ieri oltre 10mila persone hanno manifestato per dire che vogliono una tutela maggiore dei loro interessi. Al momento però nessuna delle reazioni pare avere la forza necessaria per far cambiare strada ai due governi.

FONTI: Euronews, Ansa, Osservatorio Balcani e Caucaso, Repubblica, East Journal, Reset

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Festeggiamenti a Pristina (Kosovo) per l'indipendenza nel febbraio 2008

Come si mantiene la pace in una zona uscita da poco dalla guerra? Per Ivo Josipovic, neo-presidente croato, è essenziale mantenere buoni rapporti con i Paesi vicini. Per Boris Tadic, capo di Stato serbo, un fattore chiave per evitare conflitti armati è… l’esercito. Le dichiarazioni dei leader rispecchiano i contrasti tra i due governi, emersi con evidenza alla cerimonia di insediamento di Josipovic, disertata da Belgrado per protesta contro la presenza del presidente kosovaro Fatmir Sejdiu.

“L’esercito deve sempre avere il posto che gli spetta nella nostra società – ha detto Tadic l’11 febbraio. – La Serbia è un fattore di pace ed è pronta ad assumersi responsabilità nelle missioni di pace nelle varie parti del mondo. Solo su questi presupposti saremo rispettati nella comunità internazionale”. Un esercito forte, quindi, come strumento per far sentire il proprio peso sullo scacchiere europeo.

Tadic e Josipovic, presidenti di Serbia e Croazia, divisi dal riconoscimento dell'autonomia del Kosovo

La pensa diversamente Josipovic, che nel suo primo discorso ufficiale da presidente ha definito una “priorità” i rapporti di buon vicinato con gli Stati confinanti. Se le cose non vanno benissimo con la Serbia, è sempre più forte il legame con Pristina. Il 19 febbraio a Zagabria è stata inaugurata l’ambasciata kosovara: un ulteriore segno di amicizia dopo il riconoscimento dell’indipendenza dichiarata dalla provincia serba (e mai accettata da Belgrado).

All’insediamento di Josipovic era presente il ministro delle Politiche comunitarie Andrea Ronchi. L’Italia è uno dei 65 Paesi che accettano il Kosovo come Stato autonomo, ma allo stesso tempo preme per l’ingresso in Europa della Serbia. L’adesione alla Ue è uno dei pochi obiettivi comuni di Tadic e Josipovic: qualche giorno fa Catherine Ashton, alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza della Ue, ha espresso il desiderio che anche il Kosovo si avvicini a Bruxelles. I destini delle nazioni balcaniche, insomma, si intrecciano sempre più strettamente: dall’atteggiamento di Zagabria e Belgrado dipenderà buona parte della stabilità dell’ex Jugoslavia.

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