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Posts Tagged ‘somalia’

Il soldato Valery Melis, morto di tumore nel 2004 dopo la missione in Kosovo (qn.quotidiano.net)

“Cos’è l’uranio impoverito? È una scoria nucleare. Un sottoprodotto di scarto delle centrali nucleari che viene utilizzato per rafforzare gli armamenti. Molto più economico del tungsteno, facilita due cose: rende più efficienti le armi e aiuta a disperdere delle scorie che altrimenti non si saprebbe dove andare a nascondere. Insomma, si sono inventati un modo per risparmiare e contemporaneamente per perfezionare il grande mostro bellico”.

(Giulia Di Pietro, dal libro di Falco Accame Uranio impoverito. La verità)

L’Esercito italiano sapeva della presenza di uranio impoverito nei Balcani. E non ha fatto nulla né per informare del pericolo i soldati, né per proteggere la loro salute. Lo dice la sentenza con cui il Tribunale civile di Cagliari ha condannato il ministero della Difesa a risarcire con 584mila euro i familiari di Valery Melis, il militare di Quartu Sant’Elena (Cagliari) morto il 4 febbraio 2004 a causa di un tumore contratto nell’autunno del ’99, al termine della sua partecipazione alla missione in Kosovo.

“Deve ritenersi – scrive il giudice Vincenzo Amato – che il linfoma di Hodgkin sia stato contratto dal giovane Valery Melis (scomparso a 27 anni, ndr) proprio a causa dell’esposizione ad agenti chimici e fisici potenzialmente nocivi durante il servizio militare nei Balcani. […] I detriti reperiti nel suo organismo hanno ben più che attendibilmente causato alterazioni gravi alle cellule del sistema immunitario come rilevato con frequenza di gran lunga superiore della media per i militari rientrati dai Balcani”.

Quella di Cagliari non è la prima sentenza di questo tipo. Il 17 dicembre 2008 il Tribunale civile di Firenze aveva condannato il ministero della Difesa a risarcire con 545mila euro il paracadutista Gianbattista Marica, rientrato da una missione in Somalia (e a sua volta ucciso da un linfoma il 10 marzo 2009). Nel gennaio 2010 il Tribunale civile di Roma ha stimato in 656mila euro il risarcimento dovuto ai familiari di Salvatore Vacca, morto di leucemia a 23 anni, pochi mesi dopo esser tornato dalla Bosnia.

Proprio a inizio 2010 il ministro della Difesa Ignazio La Russa ribadiva che “le Forze armate non impiegano, né hanno mai impiegato, munizionamento contenente uranio impoverito”, ma ammetteva che al 31 dicembre 2009 risultavano 594 tumori tra il personale impiegato tra Balcani, Iraq, Libano e Afghanistan. Secondo fonti Onu, durante i bombardamenti del ’99 su Serbia, Montenegro e Kosovo furono riversate oltre 8 tonnellate di uranio impoverito. Una tragedia nella tragedia, su cui oggi – a 12 anni di distanza – rimangono troppe zone d’ombra.

Fonti: corriere.it, repubblica.it, mainfatti.it, Osservatorio Balcani e Caucaso

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Marco Luchetta, Alessandro Ota e Dario D'Angelo

Mostar, 28 gennaio 1994. Marco Luchetta, Alessandro Ota e Dario D’Angelo sono in Bosnia per la Rai. Devono girare un servizio per il Tg1 sui “bambini senza nome”, nati dagli stupri etnici o figli di genitori dispersi in guerra. Hanno scoperto una cantina dove da mesi dormono decine di persone, tra cui molti bambini. Mentre sono ancora in strada, vengono colpiti da una granata: muoiono sul colpo. Con loro c’è uno dei bimbi del rifugio, Zlatko. I corpi dei tre inviati gli fanno da scudo. Oggi è ancora vivo.

Gli occhi di Zlatko, il bimbo che sopravvisse all'esplosione di 16 anni fa

Marco Luchetta, 42 anni, faceva il giornalista. Si era fatto conoscere alla “Gazzetta dello Sport”, poi era passato alla Rai regionale del Friuli-Venezia Giulia. I tg nazionali avevano visto comparire il suo volto con l’inizio della guerra nei Balcani. Alessandro Ota, 37 anni, faceva l’operatore. Era entrato alla Rai nel 1979, poi aveva partecipato alla realizzazione di film per il cinema e per la tv. Quando scoppiò la guerra, gli venne offerto un posto da giornalista nel tg sloveno: rifiutò per amore della telecamera. Dario D’Angelo, 47 anni, faceva l’assistente di ripresa televisiva. Prima di essere assunto in Rai aveva lavorato in fabbrica: si era diplomato come perito in telecomunicazioni studiando alle scuole serali. Tutti e tre erano nati in provincia di Trieste. Tutti e tre persero la vita esattamente sedici anni fa.

Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, uccisi pochi mesi dopo la strage di Mostar

Nei mesi successivi alla tragedia si è indagato per chiarire se l’esplosione fosse stata una disgrazia oppure un attentato per eliminare dei testimoni scomodi, ma l’inchiesta è stata archiviata. “L’unica conclusione – ha detto nel 2004 Daniela Schifani, moglie di Luchetta – è che sono stati vittima di un bombardamento, e quella zona era bombardata spessissimo. Sicuramente chi ha lanciato la granata sapeva che c’era la stampa: per arrivare là Marco, Alessandro e Dario avevano attraversato vari check-point con un blindato Onu”.

Dopo la morte dei tre inviati è nata una onlus intitolata a loro e a Miran Hrovatin, operatore triestino ucciso in Somalia il 20 marzo 1994 insieme alla giornalista del Tg3 Ilaria Alpi. La Fondazione Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin aiuta i bambini che vivono in zone di conflitto e sono affetti da gravi forme tumorali o necessitano di un intervento chirurgico non fattibile in patria. Insieme alle loro famiglie, i piccoli vengono ospitati e curati in Italia, dove sono portati a spese della Fondazione. “Nessun bambino deve più morire per una guerra”: e se a dirlo è Zlatko, il sopravvissuto del 28 gennaio 1994, crederci diventa davvero un dovere.

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