
La SS. Cyril and Methodius University di Skopje (foto Darko Hristov, http://bit.ly/1jpMrk5)
In Macedonia studenti e professori universitari protestano da quasi due mesi contro il governo. La miccia è stata l’idea di istituire un esame di stato obbligatorio per chi sta per laurearsi in un istituto statale. Secondo i contestatori questa novità diminuirebbe l’autonomia degli atenei e offrirebbe maggiori possibilità di corruzione, in un sistema educativo che già non pare godere di buona salute.
Il primo corteo risale al 17 novembre, con duemila persone in piazza e pochissima attenzione mediatica. Il caso esplode il 10 dicembre, con 12mila dimostranti nella capitale Skopje, in quella che è stata definita la maggior manifestazione studentesca dal 1991, anno dell’indipendenza del paese. Diverse marce ci sono state anche in altre città. Il ministro dell’istruzione dice che il provvedimento del governo punta a introdurre un meccanismo di controllo della qualità; il capo dell’esecutivo di centrodestra ha insinuato che dietro la protesta ci sia l’opposizione socialdemocratica. I leader studenteschi hanno risposto con un comunicato in cui chiedono di non portare in piazza simboli e slogan di partito.
La contestazione sembra avere almeno un tratto comune con quelle bosniache di inizio 2014. In piazza ci sono sia macedoni in senso stretto che cittadini di etnia albanese, due etnie tra cui anche nei mesi scorsi ci sono state tensioni. Una notizia che fa pensare appunto ai “plenum” di Sarajevo e dintorni, in cui persone appartenenti a gruppi diversi si sono unite nella richiesta di istituzioni più giuste e funzionanti. Ora studenti e professori macedoni hanno scritto al capo dello stato, anche lui di centrodestra, per chiedergli di porre il veto sulla creazione dell’esame di stato.