
Barili di petrolio a Kulusuk, Groenlandia (foto ezioman, http://bit.ly/1aVxTL6)
La Croazia sotto osservazione europea per i suoi conti spera di aver trovato una nuova ricchezza. L’azienda norvegese Spectrum ha condotto mesi di ricerche nell’Adriatico, e la compagnia balcanica INA dice che sul fondo marino potrebbero esserci quasi 3 miliardi di barili di petrolio. Una cifra che però è assolutamente da confermare, e che va bilanciata con i rischi ambientali legati all’estrazione dell’oro nero.
Zagabria è diventata la 28° capitale della Ue lo scorso luglio. A gennaio Bruxelles ha aperto nei suoi confronti una procedura per deficit eccessivo: quello 2013 avrebbe superato ampiamente il limite del 3% sul pil, e si prevedono aumenti sia quest’anno che il prossimo. Le autorità croate provano a consolarsi con il sogno petrolifero, su cui però i ricercatori norvegesi non hanno ancora diffuso dati. Dando per buoni quelli INA, le prospettive sarebbero effettivamente interessanti: attualmente le riserve nazionali si fermano a 80 milioni di barili, mentre in mare ce ne sarebbe una quantità trentacinque volte maggiore.
I dubbi, lo dicevamo, sono due. Il primo riguarda l’effettiva presenza di una simile mole di greggio, il secondo le possibilità di incidenti che inquinino l’Adriatico. La natura va tutelata in ogni caso, e ancor di più se contribuisce al turismo e quest’ultimo è una componente essenziale dell’economia del Paese, come succede in Croazia. Secondo l’eurodeputato veneto Andrea Zanoni Zagabria rischia una nuova procedura d’infrazione, stavolta per violazione delle normative ambientali. Per ora il commissario europeo competente in materia assicura che la Ue vigila sulla questione.