
L'ad Fiat Sergio Marchionne, il presidente serbo Boris Tadic e il ministro degli Esteri Franco Frattini
L’arresto di Mladic non è una condizione necessaria per l’ingresso della Serbia in Europa. E’ il pensiero del ministro degli Esteri Franco Frattini, in visita a Belgrado. Il Paese di Boris Tadic sta lottando con tutte le sue forze per entrare nell’Unione europea. Ma quello dei criminali di guerra resta un nodo cruciale.
“Abbiamo ripetuto più volte che il principio è quello della piena cooperazione”, dice Frattini. Per il ministro, la totale collaborazione delle istituzioni serbe col Tribunale penale internazionale (Tpi) sarebbe sufficiente a permettere l’adesione alla Ue. “Lo status di candidato all’Unione dipende da criteri prestabiliti e validi per tutti. Non possiamo pensare a condizioni aggiuntive per i singoli Paesi”. Vale a dire: non possiamo inserire una “clausola Mladic” per la Serbia.

Ratko Mladic, accusato di genocidio per Srebrenica, dove nel luglio 1995 vennero uccisi 8 mila musulmani
Il sostegno di Frattini non è del tutto disinteressato. I legami economici tra i due Paesi, che nel 2009 hanno stipulato un accordo di partenariato strategico, sono forti. I serbi esportano molto nel Belpaese. E attendono anche Paolo Romani, ministro dello Sviluppo economico, che arriverà in visita venerdì 11 febbraio. Senza dimenticare gli investimenti Fiat a Kragujevac. Una Serbia in Europa sarebbe sicuramente più forte. E renderebbe più forte l’Italia.
Ma cosa ne pensa Bruxelles? Serge Brammertz, procuratore capo del Tpi, andrà presto a Belgrado. “Riconosco che ci sono persone che stanno compiendo perfettamente il loro lavoro – diceva il procuratore a novembre – ma altre potrebbero compierlo in maniera più professionale”. Forse catturare Mladic non è una condizione necessaria per entrare in Europa. Ma di sicuro lo è l’impegno totale per trovarlo.
Questa Europa inglobante, globalizzante ed omologante, l’Europa del pensiero unico, del popolo unico e dell’unico valore guida del Dio Mercato, in omaggio al quale ogni altro valore deve piegarsi, quest’Europa dei mercati e non più dei popoli, che sta facendo scomparire i suoi stessi popoli trasformandoli in “multietnici”, quest’Europa che in nome degli affari farebbe entrare in sè anche il Madagascar, e che in nome del mercato distrugge ambiente, risorse naturali, culture, identità, per una folle corsa verso una perversa infinita autodistruttiva crescita, questa Europa dello sfruttamento capitalistico dei Marchionne e del tradimento della democrazia dei Frattini (servitore del fuorilegge che si è impossessato dell’Italia), etc etc (e mi fermo qui) questa Europa a me non piace affatto.
Ed il mio sincero augurio alla Serbia è che se ne possa salvare se e finchè può, che possa salvarsi da questo inglobamento, che la fagociterebbe nel marciume di un sistema socio-economico in irreversibile fallimento che ci sta conducendo alla catastrofe; e sarebbe la fine anche per lei. Viva la Serbia.
Entrare in Europa, per la Serbia, sarebbe soprattutto un modo per inserirsi in una rete economica ben più salda di quella serba. Naturalmente Belgrado ha tutto il diritto di provare a entrare nell’Unione. Ma credo che Bruxelles faccia bene a premere perchè la Serbia faccia ogni sforzo possibile per catturare i criminali di guerra.
Sarebbe però purtroppo entrare anche per essa nel mostro che è diventato il sistema liberal-capitalistico, un sistema che sta finendo, che sta irrimediabilmente alle sue ultime (auto)distruttive battute.
E chi è parte di questo mostro ne subirà le conseguenze. Chi vi entra adesso, le popolazioni soprattutto, ne ricaveranno solo danni, in cambio di un effimero temporaneo aumento del cosiddetto benessere (materiale). Il fatto triste è che la Serbia nè è GIA’ dentro, essa è già in mano al sistema, come ormai tutti i paesi del’est, mafiocrazie in cui la popolazione non è più neanche in grado di sopravvivere. La salvezza, per la Serbia, come per tutti noi, sta ed arriverà solo quando riusciremo ad uscire da questo mostro. Ma quando? E a che prezzo?